Le api di vetro

Le api di vetro Book Cover Le api di vetro
Guanda
1993
9788877466921

“C'è chi prevede che la nostra tecnica un giorno sboccherà in pura magia; dunque tutto ciò a cui ora partecipiamo sarebbe soltanto un inizio, in questo caso la meccanica si raffinerebbe in modo da non dover ricorrere a grossolane soluzioni. Segnali luminosi o parole, basteranno, anzi basterà il pensiero” (EJ, “Le api di vetro”, p. 47).

Romanzo distopico, fantasatirico e fantapolitico di Ernst Jünger, “Le api di vetro” è la trasfigurazione di un'epoca in cui il potere industriale può coincidere col potere politico; in cui i robot possono sostituire gli esseri umani, con esiti drammatici; in cui la menzogna può danneggiare ogni relazione. Il narratore, Richard, è – curiosamente, in questo senso speculare a Jünger – un cittadino che ha affrontato le grandi guerre mondiali; ha conosciuto una cultura diversa, e ha creduto che il suo mondo, e la sua educazione, potessero attraversare il tempo; s'è ritrovato, al termine della guerra, a dover prendere atto della fatiscenza della propria formazione e della necessità d'un adattamento al mondo nuovo.

Nelle prime battute, se la passa male; non trova più lavoro e non ha più protezione politica. Va in cerca di sostegno da Twinnings, un suo ex commilitone. Non è più tempo per i vecchi militari: serve integrarsi in una società nuova. Cercano una soluzione. La individuano nelle officine di Giacomo Zapparoni, miliardario, famosissimo; padrone di un monopolio assoluto, quello dei robot. Robot minuscoli, lillipuziani, creati da operai ultraremunerati che dovevano lavorare sempre in quell'azienda; se si fossero licenziati, avrebbero portato i loro segreti in un'altra fabbrica, e questo Zapparoni non poteva sopportarlo. Questi operai non avevano orari, entravano e uscivano a piacere dalle officine; non lavoravano mai in squadra, per questa ragione. Lavoravano quasi sempre, in compenso, domenica inclusa.

Richard va a presentarsi da Zapparoni. Ha la sensazione che di fronte a sé possa essere non lui in carne e ossa, ma uno dei suoi sosia, un automa perfettamente replicante. “Zapparoni possedeva molti volti, come la sua opera molti significati. Dov'era il minotauro in questo labirinto? Era il buon nonno che faceva la fortuna di bambini, di massaie e di ortolani, era il fornitore militare, che nel medesimo tempo predicava la morale all'esercito e lo attrezzava con inaudita raffinatezza, era l'audace costruttore, al quale importava unicamente il gioco intellettuale e che voleva descrivere una curva che riconducesse alle forme primitive?” (p. 109)

Ha qualcosa di diabolico: “Egli era un essere enigmatico, un maestro delle maschere, e proveniva dalla foresta primitiva. Quando si avvicinò a me nel giardino, provai addirittura venerazione per lui, quasi fosse preceduto dai littori. Dietro di lui si cancellavano le orme. Sentivo quali profondità avevano le sue radici. Oggi, quasi tutti invece di dominare gli strumenti ne sono dominati. Per lui era un gioco. Egli aveva conquistato i fanciulli, che sognavano di lui con i fuochi d'artificio della propaganda. Dietro ai panegirici degli scrivani prezzolati c'era qualcos'altro. Anche come ciarlatano era grande” (p. 224).

Richard scopre un mondo in cui una tecnologia eccezionalmente raffinata s'appresta a correggere e migliorare – almeno, nelle intenzioni – la natura: tutta la natura, dagli insetti agli esseri umani. Le api di Zapparoni sanno, come il lettore scoprirà, dare prova della loro grottesca evoluzione tecnologica, incarnando sopraffazione e ingiusta selezione innaturale. L'allegoria nascosta in queste pagine mi sembra abbastanza chiara. La sensazione dell'artista tedesco era che la civiltà nata sulla cenere delle due atroci guerre era dominata da un tecnologismo freddo e amorale, e da un'assenza di rispetto nei confronti dell'umanità semplicemente diversa rispetto a quella dei regimi totalitari; ma potenzialmente non meno dannosa, e angosciante.

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Spaccato della società immaginata da EJ. È un'epoca in cui la polizia ha molta fortuna: “Chi non aveva oggi la propria polizia? I tempi erano incerti. Bisognava proteggere vita e proprietà; sorvegliare terreni e trasporti, difendersi da ricatti e violenze. L'insolenza cresceva in rapporto diretto con la filantropia” (p. 11).

I robot di Zapparoni sono estremamente diffusi: “Aveva creato un regno lillipuziano, un vivente mondo di nani, che faceva dimenticare il tempo, in un miraggio, non soltanto ai bambini ma anche ai grandi. Superiore al gioco della fantasia” (p. 15).

Questi automi faranno la fortuna del mondo del cinema e del teatro: “Eravamo stanchi degli individui imbellettati, che di decennio in decennio diventano più insignificanti e ai quali si confanno così male le azioni eroiche, la prosa classica o addirittura i versi. Infine non si sapeva più che cosa fosse un corpo, che cosa la passione, il canto, se non si facevano venire dei negri dal Congo. Le marionette di Zapparoni, invece, erano di calibro diverso. Non avevano bisogno di trucco e non avevano bisogno di concorsi di bellezza, nei quali si calcola il giro del petto e delle anche, ma erano lavorate su misura” (p. 206). Zapparoni ha cercato di migliorare, in altre parole, la specie umana, creando una specie del tutto nuova. S'è servito e si servirà del cinema – della società dell'immagine – per sembrare buono, e per convincere i cittadini d'essere innocuo. Proprio come il diavolo, ha imparato a dominare la realtà rovesciando la verità. Inquietante.

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE

Ernst Jünger (Heidelberg, 1895 - Wilflingen, 1998), scrittore e filosofo tedesco. Esordì pubblicando “Nelle tempeste d'acciaio” nel 1920. Studiò Filosofia e Scienze Naturali a Lipsia.

Ernst Jünger, “Le api di vetro”, Guanda, Parma, 1993. Traduzione di Henry Furst. Con uno scritto di Giorgio Cusatelli. Collana “Prosa contemporanea”.

Prima edizione: “Gläserne Bienen”, 1957.

Approfondimento in rete: WIKI It

Gianfranco Franchi, dicembre 2009.

Prima pubblicazione: Lankelot.