Castelvecchi
2009
9788876152467
“Ancora una bugia. Anzi, due. Se la sarebbe cavata quel giorno, 23 dicembre 2006, come sempre. Si traeva sempre d'impaccio, mentendo. Non conosceva che questo: la menzogna. Come la droga o l'alcol, la menzogna era il suo viatico, un corroborante, che lo avrebbe aiutato a risalire tutte le scale e a uscire da tutte le trappole, a evitare tutte le madri, tutte le donne, tutte le cannibali” (Liberati, “Nada Exist”, p. 28).
Il primo grande romanzo del 2009 è firmato da un outsider: il letterato francese Simon Liberati, classe 1960, parigino. Politicamente scorretto, allineato com'è a una destra ribelle e oltraggiosa (delle istituzioni, delle ideologie, del sartrismo e dei suoi epigoni) è l'espressione dello Zeitgeist europeo; della decadenza, del malessere, dei rimpianti e dell'ostinato rifiuto del presente. Secondo il critico francese Benjamin Berton, Liberati è parte integrante d'un movimento letterario erede della lezione di Blondin e Nimier: i “Nuovi Ussari”, sorta di vecchi aristocratici della letteratura (niente a che vedere con i marxisti...) ispirati oggi più da un modello antagonista americano (Ellis) che dall'antica scuola (Drieu).
Chi erano gli Ussari? Spiega Roberto Alfatti Appetiti: “Gli Ussari, per l’appunto: per via dello stile, combattivo e austero nello stesso tempo, quasi 'militare'. Giovani intellettuali come Antoine Blondin, Michel Déon, Jacques Laurent, François Nourissier e, naturalmente, Roger Nimier, tutti indifferenti alle 'lezioni' della storia e indisponibili a mettere il loro talento al servizio delle ideologie, che si schierarono a viso aperto contro l’establishment culturale dell’epoca - costituito da sartriani, stalinisti e dal giornale-partito Le Monde - e arroccato attorno alla mistica della superiorità etico-morale della sinistra. Scrittori di una destra immaginifica che non volevano più saperne della nuova politica”
“Nada Exist” plana sulla mia scrivania restituendomi reminiscenze micidiali. Il protagonista guida, orgoglioso, una Aston Martin, come lo sfortunato, splendido Nimier; è un esteta che s'è bruciato tutto in fretta, come il fuoco fatuo di Drieu La Rochelle. È un vecchio fascio che non si riconosce più in niente, drogato di belle donne, di nostalgia e di cocaina. Sullo specchio del camino ha appeso una riproduzione di Duhrer: “Il Cavaliere, la Morte e il Diavolo”. È una spettrale fonte di ispirazione; un riflesso limpido della propria essenza. Patrice è stanco, pensa a morire. Apolitico, si dedica all'esercizio del “commercio artistico”. “A dire il vero, la sua moderazione non era soltanto opportunismo, era legata alla noia che provava nel sentir ripetere le stesse invettive fin dall'infanzia. Tutto il folklore estremista gli sembrava puerile e non ne poteva più di certi ritornelli (...)” (p. 21).
È un ex regista, fotografo di moda, stanco di tutto, corrotto dall'abitudine e dalla dipendenza dalla bellezza, e dal piacere. È insolente, e prepotente (nella smania: di precipitare. Nel niente). Ha una discreta nostalgia della sua passata gloria, e una gran voglia di perdersi del tutto. Patrice è così: è uno che ha avuto ogni cosa, e in ogni caso non se ne pente. Niente più politica, allora, l’ideale è naufragato. Da un pezzo.
Patrice ti rimane addosso per l’aspetto byroniano. La fronte alta da genio cattivo, scrive Liberati, l'incavo della guancia, la linea del naso sono quelle. Ha qualcosa di satanico; qualcosa di malato. Non è solo per gli spasmi irregolari dell'alcolista. Né per quel filo di pancia. È sfuggente. Scontroso, indisponente. È un personaggio che Drieu La Rochelle avrebbe capito e amato; altrimenti, avrebbe creato. È la borghesia che si rifiuta, e s’annienta. E annientandosi scrive, e t’incanta. È un Roger Nimier postmoderno, è tutti i contrasti d’un mondo che confonde verità e menzogna, lusso e onestà, realtà e illusione.
“No, Patrice non aveva davvero voglia di niente e di nessuno. Allo stesso tempo, però, non riusciva a immaginarsi passare il pomeriggio a casa, davanti alla televisione giù con gli altri, e ancora meno da solo, in camera sua, ad ascoltare Didine che soffocava dietro la porta (...). Non aveva desideri, ma ancora meno aveva il coraggio di restare lì” (p. 43).
L’amore è finito, età, cocaina e alcol complicano l'orgasmo. Oltre la notte t’attende una passione nuova. È una ragazza che sta bruciando in fretta. Lui viaggia, e intanto ricorda e pensa: e tutto torna a scintillare di senso. Arte, esistenza, amore. E il senso è uno, che io non è: niente.
Nada, j’existe. Patrice è perverso e adora se stesso: se stesso mentre dice nada, ovviamente. Allo specchio. Esistere è una crudeltà elegante.«E su di me se la gioia è discesa a volte», ricorda. Chi era, Nerval o Goethe? Silenzio. «Sembrava che errasse su un mondo distrutto».
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Liberati è un autore di classe, portato all'indagine dell'interiorità, estraneo alle trame: le uniche trame sono quelle dell'anima, della memoria, del desiderio (rimpianto: s'è sgretolato). Come scriveva Le Fol sul Figaro, “La beauté de 'Nada exist' éclate dans ses digressions. Une beauté sulfureuse et ensorcelante”.
Io dico che questo scrittore egoarchico ed egolatrico rimarrà a sedimentare nel vostro immaginario per molto tempo. Parlandovi delle contraddizioni e dei contrasti dell'esistenza, della renitenza ai generi e alla prevedibilità, della grande letteratura francese d'un Novecento che qualcuno voleva fosse d'un colore soltanto, quello dell'ideologia regina. Avete perso. “Nada Exist”, e da qui si riparte. Da una ferita che niente rimargina, soltanto il sogno d'una donna, e d'una quiete impossibile.
EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE
Simon Liberati, scrittore e giornalista francese classe 1960, parigino. Ha esordito pubblicando il romanzo "Anthologie des apparitions" nel 2004, seguito da "Nada exist" nel 2007. Ha ricevuto una buona accoglienza dalla critica. Formazione letteraria pura - ha studiato Letteratura Latina alla Sorbona - esperienze da redattore di moda ("Cosmopolitan", "FHM").
Simon Liberati, “Nada Exist”, Castelvecchi, Roma, fine 2008. Traduzione di Guya Parenzan. Copertina di Maurizio Ceccato.
Gianfranco Franchi, gennaio 2009.
Prima pubblicazione: Lankelot.