Ci salveranno le vecchie zie?

Ci salveranno le vecchie zie? Book Cover Ci salveranno le vecchie zie?
Leo Longanesi
Longanesi
2005
9788830423282

Undici staffilate contro la nuova borghesia italiota americanizzata: originariamente apparse nel 1953, caratterizzate da una feroce attualità e da una veridicità scomoda e imbarazzante, queste satire longanesiane dovrebbero accompagnarci, almeno nel pensiero, giorno dopo giorno nei nostri nuovi anni Dieci; per ricordarci – sempre – da quale Belpaese veramente proveniamo, e quale nazione dovremo impegnarci a ricostruire sulle rovine di questa.

In passato, avevo scritto di due degli undici saggetti contenuti in questo libro: si tratta dei clandestini bianciardini baraghini “I borghesi in gelatina” e “I piccoli borghesi”. Quanti vogliano scoprire il senso del titolo di questa raccolta di satire possono puntare serenamente alla pagina sui “Piccoli borghesi”, allora; qui vedo di dare vita a un discorso di più ampio respiro.

Longanesi, allevato da due zie (cfr. le magnifiche illustrazioni di “Una vita”), bambino nei giorni tragici e magnifici della vittoria nella Prima Guerra Mondiale, poté assistere alla massima fortuna della borghesia italiana, e al suo progressivo decadimento, alla sua metamorfosi finale. Seppe registrare i cambiamenti di costume con intelligenza fredda e caustica, sguardo di falco; seppe mantenere le distanze dal presente, vivendolo con una sana diffidenza e non poco fastidio. Seppe volare in alto, planando solo per divertimento.

Già fascista ma antifascista, borghese ma sostanzialmente antiborghese, fondatore dell'”Italiano” e di “Omnibus”, Longanesi in queste pagine mantiene, della sua estrazione e formazione strapaesana, il gusto per la sassata, per la cattiveria facile, per la ferocia piena di stile; per l'indipendenza, in altre parole, madre dell'autonomia di giudizio, di interpretazione e di critica della realtà. Infine, che non guasta, per la pura letterarietà. E allora ecco che Leo prende e cattura l'essenza dell'estraneità alla cultura della nuova borghesia, nutrita di avanzi di “faticosi studi classici, spesso interrotti per compiere un inutile viaggio di studio all'estero, concluso con la precisa convinzione che soltanto in Italia si cuociono bene gli spaghetti”: il nuovo borghese crede soltanto nella cultura tecnica (confusa con la pratica), e ha dimenticato cosa significhi la parola “ordine”. Ha perso il decoloro, per, sentite qua, “adeguarsi alle esigenze di un progresso provvisorio, che chiede ogni giorno riforme e che crolla sotto il peso di quelle riforme che non riformano il fradicio costume del paese” (p. 49): a ben guardare, insomma, è l'assenza di cultura il principio della fine; è la rimozione della tradizione e del senso degli studi la causa del consumismo più becero; è la smania di cambiare tanto per cambiare che determina il culto del riformismo. Così contemporaneo. Così forzista.

È una nuova borghesia che è tutta una contraddizione: già dagli anni Cinquanta: “Ostili alla monarchia, dopo averle chiesto decorazioni e titoli, ora, in mancanza di una regina, ripiegano su Wanda Osiris. Ieri collezionisti di quadri di Bazzaro e di Nomellini, oggi acquistano Picasso; proprietari di ville e di giardini, abitano negli attici dei grattacieli per ridurre la servitù; cavalieri di Malta avvolti nei mantelli crociati, portano gli slip; liberisti, invocano l'IRI” (p. 15). L'Iri, già. Perché il liberalismo di questo neoborghese è un modo di transigere, scrive Longanesi, “un liberalismo sfiduciato”: poggia soltanto sulla fede nella “scarsa volontà degli italiani di mutare l'ordine di casa loro” (p. 91).

Sul lavoro, la tendenza è una: americanizzarsi. Nel lessico, nello stile, nel comportamento. Ecco che il nostro cauto borghese fa l'americano: “e lavora in serie, e prende collaboratrici, e stende piani e parla al dictaphon e si 'razionalizza' come può, tenendo un piede nelle abitudini di famiglia, fra le quali primeggia l'avarizia, l'ignoranza, la scarsa confidenza con la tecnica, il poco amore per il prodotto ben fatto e la certezza che occorra rubare un po' sul peso. La sua tecnica è sì americana, ma la sua strategia è casalinga. Egli lavora all'americana, oggi, come cinquant'anni fa lavorava alla tedesca, ma il distacco che ci separa dalle due scuole è sempre identico” (pp. 24-25).

Dagli yankee ha mutuato la mania della macchina come status symbol: e perciò il nuovo borghese cambia ogni anno automobile, e crede di evolversi: “il suo progredire intellettuale è affidato alla scelta di una nuova macchina. Osservando quella dell'anno prima, egli si sente vecchio, antiquato, sorpassato. La giovinezza è nel ritmo accelerato della tecnica, della novità: nell'attimo in cui egli sale sulla sua nuova automobile già sogna quella di domani” (p. 78).

L'italianità assoluta, in ogni caso, permane e rimane nelle amicizie. Occorrono, a questo borghesone, molti, moltissimi amici capitolini. Questori, generali, chirurghi, giornalisti, avvocati, onorevoli. E poi amici di amici: e amici di amici di amici. Perché?

“Perché è l'amicizia, è la confidenza che, in Italia, tesse le stoffe, fonde i metalli e stampa la latta; è l'unione di più influenze, il fascio di più amicizie, l'accordo di più interessi che crea quella forza che piega la legge, che corrompe i costumi, che spezza la concorrenza; è la 'pastetta', la sola, la vera, la grande capacità tecnica che domina il mercato” (p. 30). 1953. 2010. Qualcuno faccia andare avanti il tempo, ché siamo stanchi di tutto questo passato così presente.

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Insomma, ahi la noia dell'onestà, per dirla con il vecchio Leo (“Una vita”, pp. 54-55): ma quanto necessaria, quanto rara, quanto rigenerante. Quanto letteraria.

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE

Leo Longanesi (Bagnacavallo, 1905 – Milano, 1957), giornalista, disegnatore ed editore italiano. Fondò e diresse "Il Libraio" (1946-1949) e "Il Borghese" (1950-1957); diresse diversi quotidiani e collane editoriali.

Leo Longanesi, “Ci salveranno le vecchie zie?”, Longanesi, Milano 2005. Collana “La Gaja Scienza”, 781.

Prima edizione: 1953.

Approfondimento in rete: Wiki it

Gianfranco Franchi, marzo 2010.

Prima pubblicazione: Lankelot.