L’abisso

L'abisso Book Cover L'abisso
Gianluca Morozzi
Fernandel
2007
9788887433814

“L'abisso” [Fernandel, 2007] di Gianluca Morozzi è un romanzo fondato su un concetto molto semplice: l'angoscia del bugiardo. È un divertissement paranoico e ansiogeno, caratterizzato dalla solita freschezza e dalla solita immediatezza d'uno scrittore ragazzone che, quando è il caso, sa fregarsene della trama per concentrarsi sulla trasfigurazione e sulla rappresentazione dei sentimenti. In questo frangente, un po' come in “Blackout” [Guanda, 2004], fonte prima d'ispirazione è un contesto claustrofobico. Un contesto claustrofobico incubotico. Il mio incubo universitario sarebbe stato burocratico: ho sognato tante volte di dover ripetere il liceo e l'università perchè dal nulla è emerso un vizio di forma per cui non ho mai preso la licenza media. Oppure, che il computer della facoltà ha cancellato tutti i miei esami, e bisogna tornare indietro e ripartire da zero. L'incubo del personaggio di Morozzi è più realistico: aver sparato una valanga di balle a sua mamma, per anni, sino al giorno dell'improbabile discussione della tesi di laurea. “L'abisso” è non sapere come uscirne. È un vortice. Divertente e pauroso al contempo.

“Io sono buono, è il fango dentro che mi frega. Affilate la lama di un coltello, tagliatemi in due, e un fiume di melma schifosa coprirà la mia casa, i miei dischi, l'intera città. Io sono al capolinea. Mi sono ficcato in una situazione assurda e non so come uscirne, me lo ripeto ancora e ancora, non so come uscirne, non so come uscirne, non so come uscirne” (Morozzi, “L'abisso”, p. 5)

Da qualche parte, tra gli Appennini, c'è Monteritorto. un paese gettato un po' a caso tra i monti e le capre, una chiesa, due bar, qualche casetta sparsa alla rinfusa. In una di quelle casette si sta consumando lo psicodramma di un ragazzo che ha mentito per troppo amore, dopo una vita passata a leggere romanzi Urania e a tifare per il Bologna.

Gabriele ha due libretti universitari chiusi nel cassetto. Uno vero, quattro esami. L'altro per la mamma. Quello vero è un pianto. Quello mammide racconta che tra ventiquattrore si deve laureare. Ogni esame è stato salariato trecentomila lire dalla mamma, tutta contenta per quella valanga di trenta e lode. Adesso Gabriele ha paura che alla mamma venga il crepacuore. Scappare e confessare darebbe lo stesso risultato. Suicidarsi figuriamoci. Deve trovare una via di fuga. Non è bastato avere tanta fiducia in sé stesso da potersi convincere di dare diciotto esami in otto mesi. “Io che mi sono vantato di essere così intelligente, intelligentissimo, più intelligente degli altri, io non ci sarei dovuto cadere, in un abisso profondo come questo. Anche se in realtà ci sono caduto proprio per questo, per la convinzione di essere più intelligente, troppo più intelligente degli altri” (p. 64). Ne ha dato solo uno. Uno di quelli gestibili, un complementare. Il tempo stringe.

Mancano poche ore. L'ansia si fa prepotente. Facciamo un passo indietro. Mamma Gelida, 75 anni, borghese, sarta, ha dato alla luce il suo bambino a un passo dai 50. Suo marito, brav'uomo onesto e lavoratore, è morto di lì a poco, in un curioso incidente stradale. A bordo dell'auto, aveva un ragazzino di cui nessuno voleva parlare, in paese. Gelida è rimasta tutta casa e chiesa, la domenica alla radio le partite del Bologna, poche idee ma molto chiare.

Gabriele ha due grandi amici, conosciuti sui banchi di scuola: Drugo e Scaglia. Due ultrà adolescenti. Drugo ha “capelli biondissimi sparati a istrice sulla testa, col sorrisino perverso da Billy Idol quattordicenne”. Scaglia, basette e capelli pettinati all'indietro, “la maglietta bianca sotto la camicia di jeans aperta, un po' Fonzie un po' John Travolta fase Grease” (p. 26), ha una bocca alla Mick Jagger. Sulle prime è stata dura, lo chiamavano zombie e lo prendevano per il culo per i capelli e i vestiti. La cosa era durata un paio d'anni, fino a una clamorosa amicizia nata durante una gita scolastica a Roma, complice un incidente. Di lì in avanti Gabriele era diventato un po' tutta un'altra persona. Addio allo studente modello. Maturità presa d'inerzia, trasferimento a Bologna per fare felice la mamma e diventare avvocato. Amorazzo adolescenziale, primi tre esami, fine dell'amorazzo adolescenziale, fine degli esami. Cazzeggio a volontà, e tante balle dette a casa. Fermiamoci qua.

Quando compro un libro di Morozzi ho delle aspettative che non vengono mai tradite. So già che sarà molto difficile interrompere la lettura. So già che non sarò deluso. So già che ritroverò qualcosa di generazionale e so già che riconoscerò una delle monomanie dell'artista. Nel caso dell' “Abisso”, a dispetto d'un finale decisamente irrisolto e aperto (vedrete) è stato così. C'è la solita valanga di omaggi al suo Bologna, almeno due canzoni rock calate nella narrazione alla perfezione (omaggio ai Radiohead e agli Smashing Pumpkins), uno strano supereroe che incontreremo ancora nella produzione dell'artista bolognese, un bel po' di sana e robusta autoreferenzialità.

C'è una cosa che insegna questo romanzo, più di tutte le altre. E cioè che la menzogna è un disastro, perché può diventare sistema: quando la menzogna diventa sistema (le tentazioni non mancano: a volte sono coincidenze sinistre, come un libretto universitario che scompare nel nulla... e va duplicato) ne derivano catastrofici equivoci, a tutti i livelli, e impossibili e sciagurate corse per impedire la rivelazione della verità. Mentire è sempre una sciagura, pretende una memoria di ferro e un'inventiva molto italiana, diciamo così.

“L'abisso” è un giocattolo divertente, ossessivo e angosciante. Le leggende urbane degli eterni studenti universitari, bamboccioni ante litteram sulle spalle di papà e mamma, hanno finalmente avuto dignità letteraria. Pop, e bolognese. Piacevole.

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE

Gianluca Morozzi (Bologna, 1971), scrittore e musicista, ha esordito pubblicando il romanzo “Despero” per Fernandel nel 2001. È stato tradotto in Inghilterra, America e Germania. Sostiene di essere “il più grande tifoso del Bologna mai esistito”; a quanto pare è proprio così.

Gianluca Morozzi, “L'abisso”, Fernandel, Ravenna 2007.

Approfondimento in rete: WIKI It

Gianfranco Franchi, maggio 2010.

Prima pubblicazione: Lankelot.