Mondadori
2001
9788804492580
È un gioco triste e stupendo. Irriverente, e sfrontato. L’apparizione di quel che non può esistere, in un mondo – quello del Re Torlindao, della sua corte e dei suoi cittadini – che sembra somigliare molto al nostro: l’apparizione d’un nuovo “diverso”, vergine alle malizie e alle ipocrisie degli uomini, alla corruzione e all’opportunismo; è un “inesistente” che s’incarna e scende tra gli uomini.
È del colore della nebbia. Sembra una nuvola. Porta una veste di pelle d’elefante, stivaloni lucidi; pare un cavaliere antico. Ha i baffi arricciati, sembrano un capriccio di sigaretta. Per più di trent’anni, è vissuto in un utero nero: un caminetto. È leggero, tanto leggero. È un uomo di fumo.
È sceso dal camino alla luce dell’alba: dopo tre giorni trascorsi, per la prima volta, nella più totale solitudine. Le sue tre madri, Pena, Rete e Lama, che sempre hanno alimentato il fuoco nel camino e l’immaginazione dell’uomo di fumo, sono scomparse all’improvviso. Adesso, avanza verso la città, che non ha mai visto, ma “riconosce”, in un certo senso. Tutto quel che sa del mondo lo deve alle parole delle tre misteriose madri: “Imparai d’amore e d’odio, di vita e di morte, di pace e di guerra, di lavoro, di gioia e di dolore, di saggezza e di follia, salii con esse le più vertiginose altezze del pensiero e dello spirito” (p. 16)
Uomo di fumo, vissuto per trentatré anni nella cappa di un camino, scende tra gli uomini, nel regno di Torlindao, alla morte delle tre signore che avevano alimentato il fuoco: Pena, Rete, Lama. E, per la prima sillaba di questi loro pseudonimi, unici nomi coi quali le conosce, colui che non può esistere viene battezzato Perelà dalle prime persone che incontra: guardie del Re.
Delle sue perdute madri può dire che avevano cento anni, e che sempre nascosero la reale loro identità: che sempre parlarono, insegnandogli ogni cosa del mondo, e sempre il fuoco rimase acceso, fino a tre giorni prima.
Avrebbe voluto vedere gli occhi di Pena, le mani di Rete, il sorriso di Lama: una narrava la pena di un cuore, una spiegava la rete che lo allacciò, una portava nelle mani il ferro che lo trafiggerà. Perelà era destinato a scendere tra gli uomini, come rivelazione; e dagli uomini doveva essere assassinato, per cristallizzarsi nella memoria.
Incontrerà soldati, e ascolterà storie di due donne suicide per l’amore d’uno stesso uomo: accolto con ogni onore dal Re e dal popolo, acclamato e preteso da ogni anima del sistema, si vedrà affidato un compito: la stesura d’un nuovo Codice. Perelà viene a far risorgere la legge in un mondo che non conosce altro che consuetudini, vezzi e prevaricazioni. Re e Ministro firmeranno sotto il suo nome: non potranno replicare a nessuno dei suoi articoli. Potrà visitare e ordinare qualunque cosa: si ritirerà, infine, in meditazione; e scriverà.
Nel frattempo, il pittore della Regina vuole essere il suo primo ritrattista; lo scultore regio s’appresta a scolpire un monumento; il banchiere di Stato punta a fondare la F.U.S., Fumo Unica Speme; non mancano i tributi e l’ammirazione del poeta, del critico letterario, del filosofo e del medico. Perelà incontra un campione d’ogni ruolo del sistema: ognuno spende un attimo a smascherare la sua natura, e a divertire chi testimonia l’avvento del non-esistente.
Le donne dell’aristocrazia gareggiano per rivelargli il loro passato, e conquistare il suo cuore: è forse il momento meno felice d’una narrazione che sembra, progressivamente, impaludarsi in una sequenza di novelline bozzettistica, grottesca e ripetitiva. Palazzeschi forse ambiva a interpretare l’amore frammentando l’eterno femminino, articolandone il sole in una piccola legione d’anime – l’esito, in questo frangente, non è felice.
Fantasia non abbandona l’artista, e investe le sorti del suo alter ego: l’uomo di fumo, colui che non può esistere, riformatore degli uomini, delle istituzioni e del costume, visita un manicomio, incontra una “cometa”, cammina nel Prato dell’amore: tutto ascolta e osserva, e interiorizza: è leggero, leggerissimo, e nulla può mutare la sua essenza. Fin quando non accade che qualcuno, pur di diventare come lui, uomo di fumo e di nessun peso, s’uccide: e qualcuno se ne innamora. Il vecchio Alloro si toglie la vita, una donna decide d’amare Perelà, e Perelà soltanto, per il resto dei suoi giorni. In questo momento, il suo sentiero s’avvia alla conclusione. L’umanità, prima meravigliata e stupefatta dal suo avvento, d’un tratto s’accorge d’odiarlo: l’accusa d’aver convinto Alloro a bruciarsi vivo, e vede in lui lo stimma del Male. Perelà viene processato senza difensore: sola, la donna che l’amava si scaglia con passione contro il mondo. Invano. Nocivo allo Stato della Chiesa, e alla Chiesa dello Stato: responsabile di un reato soltanto, l’esser sceso al mondo, l’esser nato; nato come quel che non poteva essere, e mai più sarebbe stato. Perelà redige il Codice in una lingua che non potranno intendere mai; si nasconde infine tra le nuvole, a domandare memoria, e riflessione.
“Il Codice di Perelà”, romanzo futurista composto tra 1908 e 1911, fu dedicato a “quel pubblico che ci ricopre di fischi, di frutti e di verdure”.
A proposito delle interpretazioni dell’opera, spiega l’anonimo curatore dell’edizione esaminata (Mondadori, 1974): “Per Ardengo Soffici la parabola dell’uomo di fumo allude al destino del poeta nella società contemporanea; per Luigi Russo e Marino Miccinesi essa, invece, altro non è se non il frutto geniale di un’irriverente volontà di divertimento. C’è poi chi come Giorgio Pullini tende a sottolineare gli elementi sociologici che nel testo possono essere rinvenuti e che sembrano sorreggere un intento di critica sarcastica della civiltà borghese; e vi è infine chi come Luciano De Maria propone una interpretazione in chiave religiosa mettendo in risalto in modo spesso persuasivo le analogie fra la storia di Perelà e quella di Cristo” (pp. IX-X).
EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE
Aldo Giurlani, alias Aldo Palazzeschi (Firenze, 1885 – Roma, 1974), poeta e romanziere italiano. Corazzini fu il primo ad accorgersi del suo talento (pubblicò un articolo a proposito del suo esordio, “I Cavalli Bianchi”, sul quotidiano “Sancio Panza” nel marzo 1906). Il fondo librario dell’artista è conservato presso la Biblioteca di Facoltà di Lettere dell’Università di Firenze (piazza Brunelleschi 3, 50123). Le sue carte (lettere, manoscritti) sono conservate presso il Dipartimento di Italianistica (piazza Savonarola 1, 50132).
Aldo Palazzeschi, “Il Codice di Perelà”, Mondadori, Milano, 1974.
Prima edizione: Edizioni futuriste di “Poesia”, Milano, 1911. Il romanzo è strutturato in diciotto capitoli.
Gianfranco Franchi, maggio 2004.
Prima pubblicazione: Lankelot.
A M.F. (drago)
Sul capolavoro futurista di Palazzeschi