Modiano
2014
Un mio vecchio amico una volta mi ha raccontato che Trieste è una delle poche “città topsy-turvy”, vale a dire, più o meno, che è una delle poche “città sottosopra”, una città che in certi frangenti tende, inspiegabilmente, a rovesciare la verità, e ribaltare la gerarchia delle cose che contano, e a dimenticare i suoi figli migliori, preferendogli oscuri ragazzotti o anonime ragazzotte, preferendo “quelli che passano”, negligendo “quelli che restano”, con una strana ostinazione. Quell'ostinazione, mi diceva il vecchio amico, era espressione di qualcosa di complicato che avrei capito soltanto poco a poco, e non senza fatica, e non senza rammarico, e così via. A quel vecchio amico non ho saputo rispondere, quella volta, se non con un mezzo sorriso; forse perché sono un sentimentale, e voglio tanto bene a questo posto; forse perché mi sembrava una provocazione amara, ma senza troppo fondamento, tutto là. Adesso so che forse aveva ragione lui: Trieste ogni tanto ha questo vizio assurdo di rovesciare le cose, con una leggerezza improbabile; e così brucia tanti suoi talenti, e così scaccia via tante opportunità. Forse è la bora – lei, così benefica per i nervi e per l'aria che respiriamo, dovrà pure avere qualche lato oscuro: magari certi refoli spazzano via i ricordi, e certi altri scompaginano le agende, vai a vedere, chissà.
Sta di fatto che la mia città topsy-turvy, una delle poche del mondo occidentale a essere così chiaramente, femminilmente topsy-turvy, pochi giorni fa ne ha combinata un'altra: c'era una stupenda mostra dedicata alla Modiano, storica e apprezzata azienda triestina – forse una delle poche, indiscutibili bandiere di Trieste: come la Illy, come le Generali, come Nereo Rocco, come Italo Svevo: tutto il mondo sa che Modiano è Trieste – ma in città chi di dovere non se n'è accorto per tempo, oppure è stato sbadato, oppure ha preferito altro: e così, la mostra Modiano è stata allestita a Bruxelles. Cioè leggermente fuorimano, almeno rispetto a San Giusto o a Tor Cucherna, a ben guardare: ma in contesto d'eccezione; cioè nelle sale del Comitato Economico e Sociale Europeo, nel contesto del semestre della presidenza tricolore del Consiglio dell'Unione Europea, con l'ispirato beneplacito dell'associazione “Giuliani nel Mondo” e il contributo della Regione Friuli-Venezia Giulia. Niente male.
Il quotidiano locale, “Il Piccolo”, ha titolato, laconico: “Modiano, tutto da vedere. Ma la mostra è a Bruxelles” [qua per l'articolo di Claudio Ernè] e ha cercato di raccontare, con qualche imbarazzo, che a quanto pare la mostra non ha incontrato l'approvazione dei dirigenti giusti, o chissà. E così ci siamo persi la sua “prima”, che poteva essere una nuova occasione per ribadire la bellezza e l'eleganza del tratto di quei pittori triestini che gravitavano nell'orbita di Vienna, negli ultimi spettacolari anni dell'Impero Austro-Ungarico, gloria espressionista e tripudio decorativo dal fascino inequivocabile. E peculiare.
Ma non finisce qua: a curare la mostra Modiano era – è – uno degli intellettuali e degli artisti triestini di maggior classe ed esperienza, Piero Delbello, di sangue orgogliosamente istriano: un outsider di lusso nell'organizzazione delle mostre, apprezzato a livello nazionale; un'espressione autentica del genius loci di questo territorio; uno che negli anni s'è spesso accorto dell'attitudine al rovesciamento della realtà della nostra capricciosa Trieste, e tuttavia non s'è stancato di combattere. Per niente.
Contestualmente, nella mostra è stato pubblicato un affascinante volume – il primo di tre volumi – dedicato al “Segno Modiano”: magnificamente illustrato, attraverso le carte da gioco, le cartine da sigaretta, i manifesti e i bozzetti degli artisti più rappresentativi dell'azienda, da Giuseppe Sigon in giù, e scritto da Piero Delbello. Un piccolo gioiello espressionista. Cosa contestare a questo volume? Semplice: sostanzialmente è, almeno sin qua, irreperibile nelle librerie, esiste soltanto nel circuito interno della Modiano, e onestamente è un peccato: è un peccato perché poteva essere ulteriormente valorizzato, a livello nazionale, dall'abbinamento tra Modiano e un grande marchio della nostra editoria. È un peccato perché è proprio bello, sfavillante e scintillante di colori, completo di molte immagini rare, rarissime o addirittura stampate in volume per la prima volta. È un peccato, perché una circolazione nazionale adeguata avrebbe valorizzato meglio il lavoro di ricerca (ventennale) di Piero Delbello, già premiato da un'importante mostra a Fiume (odierna “Rijeka”, in Croazia) e da altre tenute qui nei paraggi: a Gorizia, Monfalcone e Romans d'Isonzo. E poi chissà: come sempre, da cosa nasce cosa. No?
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Il libro è strutturato in cinque parti: una buona introduzione (“Il segno Modiano. Arte e impresa”) dedicata alla storia dell'azienda, fondata da Saul D. Modiano, ebreo triestino, originario di Salonicco; un approfondimento dedicato a Giuseppe Sigon, uno dedicato alle illustrazioni delle cartine Modiano, uno alle illustrazioni delle carte e dei tarocchi Modiano, uno ai manifesti. In coda, una bibliografia essenziale. All'orizzonte, un secondo volume dedicato al territorio – col passaggio dalla fotografia alla cartolina – al déco italiano, all'arte del talentuoso erede di Sigon, suo figlio Pollione Sigon; il terzo volume, invece, presenterà un ampio repertorio storico della produzione Modiano dalla fine dell'Ottocento agli anni Cinquanta del Novecento, e includerà una sezione dedicata a illustrare gli ultimi anni di attività dell'azienda. Aspettiamo...
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Allora, Trieste è una città topsy-turvy ma forse ogni tanto è possibile dominare, o almeno arginare questo fenomeno; almeno, come in questo caso, riconoscendo a Piero Delbello il rispetto che si deve a una vera personalità autoriale: a uno scrittore, un performer e un critico di singolare profondità, istrionico e pieno di carattere. Introduco.
Piero Delbello, nato a Trieste nel 1961 da famiglia istriana, esule dallo sciamanico paesotto di Cuberton (oggi sostanzialmente borgo fantasma), si è laureato in Filologia Moderna a Trieste con una singolare (e introvabile) tesi sulle “Credenze magiche istriane”. Come saggista ha sostanzialmente due anime: la prima da etnologo, la seconda da critico d'arte, e da ricercatore dell'arte grafica.
Il Delbello etnologo ha esordito pubblicando “Arredi domestici, strumenti di lavoro, documenti dalle masserizie degli Istriani” [1991] e “Strumenti tradizionali dell'agricoltura nelle campagne dell'Istria” [1992]: il primo lavoro è servito per restituire dignità e significato alle masserizie degli esuli Istriani, eternate dal travolgente spettacolo di Simone Cristicchi e Jan Bernas “Magazzino 18” ventidue anni più tardi, nel 2013. Il secondo è stato una testimonianza di una civiltà contadina istriana, autoctona, ben diversa da quella raccontata dal fazioso, claudicante e partigiano museo etnografico di Pisino [oggi “Pazin”, nell'Istria croata]: vale a dire che Delbello ha restituito la civiltà contadina della maggioranza assoluta, o in certi casi della totalità, della popolazione dell'Istria, esodata per via dell'ingiusta cessione della loro terra alla Jugoslavia.
Il Delbello critico d'arte ha esordito con una monografia dedicata a uno dei suoi pallini, il pittore triestino Argio Orell, di sangue svizzero e greco: si tratta di “Orell illustratore” [1993], prodromico all'appassionante mostra dedicata al dandy giuliano giusto vent'anni dopo [catalogo: “Argio Orell. Pittore triestino (1884-1942)”, 2013]. Nel tempo, ha pubblicato monografie dedicate ai Sigon [“I Sigon per la Modiano: 80 anni di arte a Trieste”, 1996], a Dudovich [“Nei dintorni di Dudovich. Per una storia della 'piccola' pubblicità e dei suoi grandi autori”, 2002], alla pubblicità commerciale tra 1900 e 1940 a Trieste, in Istria, a Fiume e in Dalmazia.
Le due anime di Piero Delbello – etnologo e critico d'arte – convergono, da vent'anni abbondanti, nella sua attività più rappresentativa: è, storicamente, il Direttore dell'Istituto Regionale della Civiltà Istriana di Trieste, protagonista di una nobile attività di tutela del patrimonio culturale e sentimentale della gente nostra. Uno dei tesori della città di Trieste, sin dalla sua fondazione. Tenetene conto: abbiatene cura. Soprattutto, non rovesciate la realtà come la nostra Trieste spesso fa. Si gioca a carte, non si gioca con l'arte.
Franchi, dicembre 2014
Per approfondire: Sito Ufficiale Modiano / Europe before Europe – pamphlet della mostra / Accerboni sul Piccolo
Prima pubblicazione: gianfrancofranchi.com
Lo strano caso di una mostra triestina finita a Bruxelles…