Mondadori
2000
9788804507949
La creazione dell’Universo, forse, è stata una mossa sbagliata. Chi è stato? Un Dio? Quale Dio? Sta di fatto che quel misterioso evento è parte dei guai che stanno rovinando i viaggi interstellari di Zaphod, ormai ex presidente della Galassia, Ford Prefect, gli ultimi due terrestri Arthur e Tricia e il robot paranoide, Marvin. Stavolta riusciranno – tra le altre cose – a viaggiare nel tempo, ad assistere alla fine dell’universo seduti comodi in un ristorante giusto al termine del cosmo, a ritornare sul pianeta Terra un paio di milioni d’anni prima dell’esplosione per mano vogoniana che ben ricordiamo dal libro precedente. Non mancheranno concerti rock con esplosioni estremamente realistiche, un mite salto temporale di 576mila milioni di anni (Marvin avrà pazienza), conservazioni tra un vogon e il suo psichiatra – in sintesi, si sarà inteso che questo è probabilmente uno dei deliri più intelligenti e ispirati della storia della Letteratura Inglese. Fantascienza? Riduttivo. Adams si prende gioco della vita, della religione, della società, delle classi sociali, del rock, dell’alimentazione, della depressione. E della morte, anche, degli spettri. Tutto ha toccato, sino a questo momento, fuorché l’amore. Molto curioso.
Il secondo libro della saga mantiene lo stupendo standard di intelligenza, divertimento e originalità della “Guida galattica per gli autostoppisti”: mantenendo un ritmo formidabile, distendendo la (ricca: ma è un eufemismo) trama con una naturalezza impressionante, Adams descrive eventi che divertono e inquietano. L’artista inglese sapeva accompagnare il lettore di fronte a un delizioso baratro: precipitando nell’opera, si incontravano tutta una serie di argomenti e meditazioni nucleari e fondanti; si attendeva di toccare terra, alla fine del libro, sapendo che sarebbe stata una morte rigenerante. Rendo l’idea? Terminare la lettura di un’opera di genio è magnifico e terribile. Meno male che mancano altri tre volumi.
L’astronave Vogon deve distruggere la “Cuore d’oro” che trasporta gli ultimi due, pericolosi terrestri. Sono parte di quel computer organico, il nostro fu pianeta, che doveva dare – c’era quasi riuscito, potrebbe riuscirci ancora? – una domanda alla risposta sul senso della vita, dell’Universo e tutto quanto: quarantadue. Sei per sette? Troppo facile. No.
Arthur ha appena impallato il pc di bordo, domandandogli una cosa complicata: come si prepara un buon tè. Zaphod è furibondo: l’attacco degli alieni è prossimo e il tempo stringe. Soluzione? Inconscia. Evocare il bisnonno morto. Zaphod Quarto. Lui è Zaphod Primo, o Nientesimo. Colpa di un precedente viaggio nel tempo, e di un guaio con un contraccettivo. Il bisnonno saprà farli fuggire – nel tempo – ma ricorderà a Zap che ha una missione. Incontrare il Grande Presidente Ombra della Galassia. Quello che, a differenza sua, decide realmente di tutto.
Zap è bruciaticcio, ha due cervelli entrambi scoppiati, non ha memoria di troppe cose. Ma non ha alternativa. Accetta l’incarico. Si ritroverà sul pianeta Orsa Minore Beta, tutto una costa subtropicale. Là è sempre sabato, niente notti; spiagge dorate, molto divertimento e una importante casa editrice: quella che pubblica l’idolatrata, definitivamente inesatta Guida galattica per gli autostoppisti. Sa che deve incontrare Zarniwoop. Lui potrà guidarlo all’incontro determinante…
E così – tutto non racconto – per incontri con un ascensore filosofo (ha paura del futuro: ha intelligenza e precognizione) e nevrotico (non vuole andare su. Solo giù), accompagnato dal suo robot maniaco-depressivo, Marvin, s’avvierà sino a un nuovo viaggio micidiale. Marvin intanto ci regala grandi momenti di depressione. Lo incontriamo seduto, assorto, “nel suo mondo sgradevole, triste e abbandonato” (p. 24). “Nessuno mi può aiutare” (p. 46), dice, totalmente infelice. “Credo sia giusto sappiate sono molto depresso” (p. 132), e via dicendo. È di una morbosità adorabile, irrimediabile e cronica. Uno splendido malato di mente, purtroppo senza epigoni degni nelle letterature occidentali: forse nei fumetti, ma non è la stessa cosa. Pensavo a Blue di “Blue & Joy”, per capirci. Ma no, Blue è un contraltare, la spalla triste del suo gemello solare: Marvin non ha un’antitesi. È così, punto e basta. Fa ridere mostrandosi totalmente depresso, maniacalmente triste. Non ricordo niente del genere. La scena della sfida dialettica tra Marvin e il tank mandato a disintegrare Zaphod è da storia della filosofia.
Zap – rapito con tutta la metà del palazzo – si ritroverà a sfidare il mistero del Vortice di Prospettiva Totale, su un altro pianeta: “Quando si viene messi nel Vortice si ha per un attimo la visione globale di tutta l’infinita, inimmaginabile immensità della creazione, e in mezzo a questa immensità si ha modo di distinguere un segnale minimo, minuscolo, microscopico, che dice Tu sei qui” (p. 75). Zap è un predestinato. Ma io sto raccontando troppe cose…
Buon viaggio, sino al Termine dell’Universo, allora: sino allo Gnab Gib, e all’incontro con Geova. È un gatto, il gatto di un tizio senza nome. Già. Chiudo – non senza aver invidiato chi ancora è digiuno dell’opera di Adams: voi pochi, voi happy few – con questo passo. Campione esemplare dello stile dell’autore. Unico. Io sono tre volte che ci torno su, ma non mi basta ancora.
“La storia di tutte le maggiori civiltà galattiche tende ad attraversare tre fasi distinte e ben riconoscibili, ovvero le fasi della Sopravvivenza, della Riflessione e della Decadenza, altrimenti dette del Come, del Perché e del Dove.
La prima fase, per esempio, è caratterizzata dalla domanda ‘Come facciamo a procurarci da mangiare?’. La seconda, dalla domanda ‘Perché mangiamo?’ E la terza dalla domanda ‘In quale ristorante pranziamo oggi?’”.
Punto.
EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE
Douglas Noël Adams (Cambridge, England 1952 – Santa Barbara, California 2001), scrittore e sceneggiatore radiofonico inglese, laureato in Letteratura Inglese.
Douglas Adams, “Ristorante al termine dell’universo”, Mondadori, Milano 2000. Traduzione di Laura Serra. In copertina: illustrazione di Geoffrey Grahn.
Prima edizione: “The Restaurant at the End of the Universe”, 1980.
Adattamento cinematografico: “The Hitchhiker’s Guide to the Galaxy”, di Garth Jennings, 2005. La sceneggiatura, scritta da Douglas Adams, venne originariamente opzionata da Ivan Reitman. Preferì girare “Ghostbusters”.
La saga completa: “The Hitchiker’s Guide, to the Galaxy” (1979); “The Restaurant at the End of the Universe” (1980), “Life, the Universe and Everything” (1982), “So Long, and Thanks for all the Fish” (1984) e “Mostly Harmless” (1992), protagonisti sempre Arthur Dent e Ford Prefect.
Prime edizioni italiane: “Ristorante al termine dell’universo” (Urania, 1984), “La vita, l’universo e tutto quanto” (Urania, 1984), “Addio, e grazie per tutto il pesce” (Urania, 1986), “Praticamente innocuo” (Urania, 1992). Incompiuto per la morte dell’autore “Il salmone del dubbio” (2002).
Approfondimento in rete: h2g2 / Sito ufficiale di Douglas Adams / Wiki en
Gianfranco Franchi, agosto 2008.
Prima pubblicazione: Lankelot.
A Luca, Gigi e Zap
Mantiene lo stupendo standard di intelligenza, divertimento e originalità della “Guida galattica per gli autostoppisti”…