Fermenti
2003
9788887959611
Plaquette di versi etnici di Renzo Paris, artista marsicano, romano d'adozione, “Creature” (2003) è introdotta da una poesia inedita del suo vecchio amico Dario Bellezza, morto soltanto qualche anno prima. Quei versi “resuscitano la materia stessa del mio romanzo, l'ilare infanzia”, spiega Paris nella Nota, ricordando quanto Bellezza amasse ascoltare il dialetto delle sue prime “poesie etniche” (“Vajulitt'”, ossia “Ragazzino”, 1983).
Paris premette: “Le poesie di Creature, in lingua e in dialetto, sono state scritte da chi ha passato l'infanzia in un borgo marsicano. La televisione non è ancora riuscita a trasformare il dialetto celanese in una variante regionale dell'italiano. Alcune di queste poesie sono state composte dapprima in italiano e subito dopo tradotte in dialetto, altre al contrario (...)” (pp. 9-10).
Ventisei poesie: incipit, proprio “Ragazzino-Vajulitt'”, materia che quanti hanno amato “Frecce avvelenate” o “I ballatroni” e tutta la trilogia marsicana potranno riconoscere; sono i giorni degli “strummele”, dei giochi dei ragazzi. Il poeta è uno sbarbato cui “nen me diceve core maje / d'addurmimm' quand'er'valjulitt'”, “Non mi diceva il cuore mai / d'addormentarmi, quand'ero ragazzino” (pp. 14-15). Allora, “Le jurnat' curriven' cumma i vent' / e l'istat' er' la codall'immern”, “le giornate correvano come il vento / e l'estate era la coda dell'inverno”: come scopriremo nei successivi versi, ne “In mezzo al grano-Mezzallerane”, “I sole la front' me scalleve / e mpett' me venev' na seta fort'”, “Il sole la fronte mi scaldava / e in petto mi veniva una sete forte”.
Era l'estate di Renzo Paris: “M'alzavo e guardavo / dalla finestra l'acqua che veniva giù / come cristo comanda. Gli occhi, gli / occhi mi si rovesciavano alla luce / e la mente non conosceva le stagioni”, leggiamo in “Le stagioni” (pp. 44-45).
Questo forse accadeva perché invece, la notte...
“Chi cammina la nott' cummat' cullamorte! / Me sono rinchius' a cas' a sett' catenacce. / La mort' ecche nenntre e i nzo viste nent'”, ossia “Chi cammina la notte combatte con la morte! / Mi sono rinchiuso in casa a sette catenacci. / La morte qui non entra e io non ho visto niente” (“Chi cammina la notte”, pp. 22-23). La morte è normale e naturale: “Ku ce piglie, sem' criature, / ogg' nasc e addimane te mur'”, ossia “Che ci prendi, siamo creature, oggi nasci e domani muori” (pp. 26-27: “Creature-Criatur'”). Le risse sono un gioco (“Eccolo – Ecchelé”, pp. 34-35). La morte una possibilità che non si combatte, né si rifiuta.
Il popolo sembra parlare per voce del suo poeta solo: nei momenti goliardici (come “Una cacata e un cappotto – Eopp' eopp', na cacata ne cappotte!”, o “Dies Irae-Diasilla”, o come ne “Lo spirito santo – I spirdisant'”, quando un tizio sbotta perché “E ku kazz' te pisci assa fenestra!”, mentre un poveraccio passa proprio là sotto; invece, ne “La schiena gialla – La schina giall'”, qualcuno domanda a un ragazzo chi gli ha dato tanti pizzicotti sul dorso...) e in quelli magici (“Accrocchi-Rattatuglie” sembra un sortilegio: sentite qua... “- i bocchel' arcangele. / - gli ardir' stranire. / - mitraglie e curaglie”: “i boccoli arcangeli / gli ardiri stranieri / mitraglie e corallo!”).
L'erotismo, come sempre in Paris, è forte: sensuali e intensi i versi di “La piccionella e amen!”, una visione dell'origine del mondo, e “Gli odori delle femmine – Gli addore de le femmene”, complice il solito barbiere del paese.
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Secondo Domenio Cara, “La sua lingua s'interpreta leggera in una modernità che – in diversi occulti casi – ritorna al passato: divertissement, ansiose angosce, ironie litigiose e sterili, indignazioni forse in tutto simili alle derive riscontrate in 'Ragazzi di vita' di Pasolini, anch'egli romano di adozionale intellettuale. Il lettore, nel flusso sintetico e nella predilezione a questo rapporto poetico, scorge la varia infelicità delle 'creature' in causa, come una serie di tensioni equilibrate, in controvoce e pur essere malinconiche nell'estrema testualità” (pp. 67-68). Silvana Folliero ribadisce: “Il linguaggio si fa graffiante ironia o meglio sberleffo per la pesante, ingiusta struttura pubblica e il singolo ne prende atto, se ne appropria, restituendo alla bilancia morale il suo giusto peso” (Quarta di Copertina).
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Personalmente, mi piaceva l'idea di tributare, tramite questa piccola scheda d'una plaquette difficilmente reperibile, un piccolo omaggio al popolo abruzzese che in questi giorni ha patito grandi e atroci sofferenze, per via del terremoto. Paris è il letterato abruzzese per antonomasia, tra i contemporanei viventi, e alla sua terra ha dedicato grandi romanzi e versi pieni di musica. Questa pagina, riportando frammenti in dialetto e traduzione in italiano, ha forse perso un po' di brillantezza e di fluidità: ma proprio questo volevo. Che ciascuno di voi, leggendo, rallentasse. Si fermasse a capire. Si disorientasse. Volevo che da tutte le parti d'Italia prendeste e vi metteste a leggere quelle parole, adesso, scoprendo quel dialetto: la lingua d'un popolo che oggi ingiustamente molto sta soffrendo. La letteratura ci avvicina alla loro anima, alla loro essenza.
Paris è la fedele e romantica espressione del territorio. Un'espressione nobile, popolana e necessaria allo stesso tempo. Sfogliate questo libro, suonerà una musica nuova – fatta di voci perdute e di altre che pretendono d'attraversare il tempo (lasciamole andare, è giusto. Bello).
EDIZIONE ESAMINATA E BREVI NOTE
Renzo Paris (Celano, 1944), romanziere, poeta, saggista e traduttore italiano. Professore di Letteratura Francese all’Università di Viterbo; ha insegnato a Salerno. Ha collaborato o collabora, sin dagli anni Settanta, con “Repubblica”, “Manifesto”, “Nuovi Argomenti”, “Pulp”.
Renzo Paris, “Creature (poesie etniche)”, Fermenti, Roma 2003. Collana “Nuovi Fermenti – Poesia”. Premessa poetica inedita di Dario Bellezza. Postfazione di Domenico Cara. Quarta di Silvana Folliero.
Gianfranco Franchi, aprile 2009.
Prima pubblicazione: Lankelot.
Plaquette di versi etnici di Renzo Paris, artista marsicano, romano d’adozione, “Creature” (2003) è introdotta da una poesia inedita del suo vecchio amico Dario Bellezza…