I movimenti remoti

I movimenti remoti Book Cover I movimenti remoti
Goffredo Parise
Fandango
2007
9788860440300

“Non credere nel silenzio, viaggiatore, non bisogna aver fede nel silenzio; è una truffa, una trappola, qui non c'è il silenzio e perché mai dovrebbe esserci? Provati a pensare, che moltitudine. Una moltitudine? Tu dimentichi troppo spesso. Tu hai fede nel silenzio. Perché una moltitudine dovrebbe restare in silenzio? È assurdo! Perché? Rispondi! Dorme. Ed io non ho più parole” (Parise, “I movimenti remoti”, p. 73).

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1948. Emanuele Trevi contestualizza: Parise sta per compiere diciannove anni, vive in una mansarda di Vicenza, presa in affitto in centro, e scrive a mano – su settanta fogli numerati – questo libro, un quaderno di prose e poesie sperimentali, prodromico al “Ragazzo morto e le comete”. Scrive infatti Perrella, nella postfazione alla nuova edizione de “Il ragazzo morto e le comete” (Adelphi, 2006), che “I movimenti remoti” sono, in un certo senso, l'Ur-Ragazzo. Ha ragione.

Parise sta preparando gli esami di maturità classica, da privatista, e manca poco al suo trasferimento a Venezia. Vive un amore giovanile per una professoressa di matematica, non troppo più grande di lui. Questi settanta fogli numerati sono spariti nel nulla per un pezzo. Parise stesso giurava fossero perduti: “Il mio primo racconto si intitolava 'I movimenti remoti e descriveva l'allucinante storia di un uomo chiuso vivo nella tomba, che sentiva evaporare la sua coscienza parallelamente al disfacimento del corpo. Credo che sia la cosa migliore che ho scritto”, dichiarava quasi quarant'anni fa (fonte: Adelphi, 2006, saggio di Perrella). Dimenticando che nel libro viene seppellito un ragazzo morto davvero, sepolto vivo soltanto per letteraria causa. Questo potrebbe provare l'autenticità dell'amnesia di Goffredo.

I fogli sono riapparsi (Trevi) nel 1972, per qualche pagina, in un libro monografico. Perrella ci riferisce che ciò avvenne per merito di Claudio Altarocca, nel suo saggio dedicato a Parise, apparso nella collana Il castoro, La Nuova Italia, Firenze, 1972. Ancora Trevi: “poi, più di vent'anni dopo, fanno capolino in una rivista d'avanguardia, stampata in provincia e ovviamente destinata a pochi eletti”.

Perrella ci aiuta: si tratta del numero 32 di “Marka” (1995), a cura di Clizio Pizzingrilli. Ancora Trevi: “Non meno appartata è la rivista accademica dove una studiosa, Enza Del Tedesco, interroga i frammenti disponibili tentandone un primo commento sistematico” (p. 9). Tanto appartata che nemmeno Perrella riesce a nominarla, mi sembra. Peccato.

In ogni caso: finalmente, i settanta fogli vengono recuperati nel 2005. Riposano adesso nell'Archivio Parise di Ponte di Piave; il grande pubblico può apprezzarli in questa edizione Fandango, 2007. Il mistero è finito. Entriamo nel vivo del testo, adesso.

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“Fu qui che io fui sepolto all'inizio della primavera dell'anno che non ricordo e che sarebbe inutile ricordare, ed è qui che le giornate trascorrono, infinitamente brevi, pur nella serena oscurità di questa tomba”. Il racconto – scrive Perrella – si “libera direttamente dal lento scioglimento delle carni – cellula narrativa e cellula biologica sono un tutt'uno” (“Il ragazzo morto e le comete”, Adelphi 2006, p. 163): sepolto il narratore, la sua anima – la sua coscienza – è ancora viva; e va ricordando frammenti del suo passato, in attesa che termini questo purgatorio di memorie, di ricordi vaghi, di lenta e caotica e lirica ricostruzione del suo passato.

Aveva ventisette anni, era un ingegnere, e poi è finito tutto: là dove adesso riposa c'è soltanto la quiete. Tutto “è andato via, è come in fondo ad una strada, è stato tutto un passaggio, ed io soltanto mi sono fermato” (p. 40). Tutto è andato via, l'amicizia e gli amori; rimane soltanto il rumore dei passi di chi va a poggiare fiori sulla sua lapide, e quel buio assurdo, incontenibile, che non riesce a sopportare. Appare il ricordo d'un altro amico morto, Franco; e il narratore si domanda che ne sarà della vecchia compagnia, adesso che è sparito un altro pezzo. Dove andranno? Con che spirito?

La notte avvengono “movimenti remoti”. Il ragazzo sepolto e un viandante, Parise lo chiama “Il Viaggiatore”, dialogano attendendo che finisca la notte, che finalmente venga l'alba. Un'alba metaforica – chissà, forse è quella della resurrezione: forse, dell'assunzione in cielo. “Ascoltami viaggiatore, né tu né io potevamo sapere se il giorno sarebbe sorto, oppure no, e se l'uscita era vicina o lontana. Noi non possiamo saper nulla, viaggiatore, ma ora il giorno è venuto, tuttavia senza che tu te ne accorga, e così tu puoi prepararti per il viaggio. O forse hai dimenticato il tuo viaggio?” (p. 90). Forse no. Di qui in avanti la prosa sfuma nella poesia, quasi a voler sigillare – suggellare – il congedo della lucidità e dell'anima del narratore, pronta per il grande addio.

I sentimenti sono movimenti remoti, “scivolati anch'essi nel fondo del cofano assieme a quella parte di carne che ci determinava in attimi remoti” (p. 93).

Dove andiamo? - si chiede. Dove ci porta l'inquieta atmosfera? Andiamo, forse, là, dove “le persistenti litanie / sbattute dagli scrosci violenti / si frantumano / in mille solitari richiami”. Oltre, niente.

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Gioia e fortuna poter ritrovare un manoscritto giovanile d'un artista liberale e intelligente e pieno di stile come Parise; perché in questi suoi esercizi di scrittura, pure sconnessi e sentimentali, e fondati su una sicura deriva dalla poesia alla narrativa – quella che ancora Pasolini riconoscerà nei “Sillabari” –, s'intravede la purezza cristallina del creatore d'arte nuova, dello spirito capace di sprofondare in sé stesso per raccontare (restituire) qualcosa di universale, del letterato in cerca dell'essenza della sua personalità, d'una sua orgogliosa manifestazione d'estraneità agli stilemi e ai dettami del suo tempo, dello scrittore che provava a trovare la strada maestra, madre d'un romanzo. Mancano giusto due anni al “Ragazzo morto e le comete”, Neri Pozza s'accorgerà subito che ha per le mani un grande artista. Il resto è storia.

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE

Goffredo Parise (Vicenza, 1929 – Treviso, 1986), scrittore, sceneggiatore e giornalista italiano.

Goffredo Parise, “I movimenti remoti”, Fandango, Roma 2007. A cura e con l'introduzione di Emanuele Trevi. Nota al testo di Daniela Basso e Emanuele Trevi. In copertina un'opera di Giosetta Fioroni. Include bibliografia critica (pp. 26-28) e foto delle prime due pagine dei fogli autografi.

Prima edizione: Inedito, composto probabilmente nel 1948, recuperato in gran parte nel 2005.

Approfondimento in rete: WIKI it / Casa di Cultura Goffredo Parise
Gianfranco Franchi, marzo 2010.

Prima pubblicazione: Lankelot.

1948. Emanuele Trevi contestualizza: Parise sta per compiere diciannove anni, vive in una mansarda di Vicenza, presa in affitto in centro, e scrive a mano – su settanta fogli numerati – questo libro, un quaderno di prose e poesie sperimentali, prodromico al “Ragazzo morto e le comete”…