Se tremi sull’orlo. Lettere a un cercatore di sé

Se tremi sull'orlo. Lettere a un cercatore di sé Book Cover Se tremi sull'orlo. Lettere a un cercatore di sé
Henry David Thoreau
Donzelli
2010
9788860365279

27 lettere scritte dal padre della “Disobbedienza civile” al suo primo discepolo, Harrison Blake, nell'arco di tredici anni: argomento principe, i consigli per il cammino spirituale di un giovane che sente di trovarsi a “tremare sull'orlo” del suo sentiero di ricerca. Un giovane che ha compreso che il senso della vita è “semplicemente, essere” ma non trova ancora la forza di essere fedele a questo principio, per vivere una vita semplice nel nome di Dio. “Blake! Blake! Are you awake?”, scriveva Thoreau nel dicembre 1856, dalla cittadina di Concord. “Blake! Blake! Siete sveglio? Vi rendete conto qual mattino sempre radioso sia questo? Quale opportunità a lungo attesa, che mai più si ripeterà, venga ora offerta per ottenere vita e conoscenza?” (p. 129). Il risveglio forse non è avvenuto mai – ma il richiamo alla lucidità, e al presente, è rimasto vivo ancora adesso.

“Se tremi sull'orlo. Lettere a un cercatore di sé” è stato appena pubblicato da Donzelli, nella collana Saggine, a cura di Stefano Paolucci, in un'edizione completa d'una lettera del curatore italiano all'amico Henry. Thoreau. È una lettera che gronda sentimento e umanità: una stravaganza ben controbilanciata dalla buona introduzione di Paolucci, “Quando due anime corrispondono”, che va a contestualizzare con precisione e chiarezza il rapporto tra i due protagonisti dell'epistolario, sin qui inedito in Italia. È un epistolario giunto mutilo d'una delle due voci, quella dello sconosciuto Harrison Blake: l'unica sua lettera che ci è pervenuta è pubblicata, con apprezzabile sensibilità, in ouverture. Come da tradizione antica, c'è più di qualche scritto che sembra destinato più a una lettura pubblica che a un lettore soltanto. E come ci si potrebbe attendere, non mancano tutta una serie di riferimenti alla quotidianità dell'epoca e dei due intellettuali che non rivestono sempre particolare interesse. Tuttavia, come prevedibile, quando Thoreau sale in cattedra si leggono parole che rimangono impresse, a fuoco. Succede.

Scriveva Thoreau: “Io sono semplicemente quel che sono, ovvero incomincio a esserlo. Io vivo nel presente. Il passato posso solo ricordarlo – e il futuro anticiparlo”. E sapeva che l'uomo che osa, per prima cosa, essere, non può essere debole. Scriveva Thoreau che dobbiamo essere veritieri, sempre: tenendo tuttavia presente che essere veritieri non basta. Dobbiamo infatti “nutrire e adempiere alti scopi per i quali essere veritieri”. Dobbiamo difendere la nostra anima. E intanto, “sia che un uomo passi la giornata nell'estasi o nello sconforto, egli deve compiere qualche opera che lo testimoni, proprio come la carne e le ossa testimoniano di lui”, leggiamo nella lettera “Molto fare per un po' di essere”. Mi sembra un saggio indirizzo. Condividiamolo.

Il filosofo sosteneva che la nostra rispettabile vita quotidiana, nella quale siamo così ben piantati, e sulla quale le nostre istituzioni sono fondate, svanirà “come l'edificio senza basi di una visione”. È un pensiero confortante, in un periodo di passaggio come questo. Solleva dall'angoscia di perdere qualcosa che è tutt'altro che originario. Thoreau consiglia di non leggere i giornali, ma di badare all'eternità. Forse perché, come scrive nella Lettera 23, “riguardo ai fatti essenziali, io non ho mai avuto ragione di cambiare idea. L'aspetto del mondo varia di anno in anno, come il paesaggio si veste in modo diverso, ma io trovo che la verità è ancora vera, e non recrimino mai alcuna enfasi che essa possa aver suscitato”.

Ma intanto, mentre meditiamo sulle cose della vita, e sul senso profondo dell'esistenza, come guadagnarci il pane? Thoreau suggerisce di non accontentarsi di guadagnarlo in modo “grossolano, incurante e frettoloso”. Va guadagnato con onestà e sincerità, va cercato con tutto il cuore e con tutte le forze. In quel caso, una volta guadagnato, ne basta poco: ma sa essere estremamente nutriente. Non basta essere laboriosi: dipende da qual è l'attività per cui si è così laboriosi. Era Gesù, nel Discorso della Montagna, a ricordare che la vita vale più del cibo, e il corpo più del vestito: “Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta. Non affannatevi dunque per il domani, perché il domani avrà già le sue inquietudini. A ciascun giorno basta la sua pena” (Matteo VI, 25-34; nota 1, lettera 3, “Osservare la legge celeste e quella terrestre”, p. 19).

Il filosofo americano scrive che non vorrebbe dare “nessuna parte della sua vita” in cambio di denaro. Il curatore, Paolucci, crede stia echeggiando Marco VIII, 36-37: “Che giova infatti all'uomo guadagnare il mondo intero, se poi perde la propria anima? E che cosa potrebbe mai dare un uomo in cambio della propria anima?” - la risposta tutti la conosciamo. Niente. Eppure è come se ogni giorno rischiassimo di dimenticarla. Questo è un po' angosciante.

Thoreau ripete d'essere grato e riconoscente per tutto quel che è e che ha, e che il suo ringraziamento non conosce fine. Il gran sodale di Emerson trova sorprendente accorgersi che è possibile essere soddisfatti di niente di definito, soltanto di una “sensazione di esistenza”: tuttavia così è, e il solo pensiero è rigenerante.

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE

Henry David Thoreau (Concord, Massachussets, USA 1817 – Concord, Massachussets, USA 1862), filosofo, scrittore e naturalista americano. Si laureò ad Harvard nel 1837.

Henry David Thoreau, “Se tremi sull'orlo. Lettere a un cercatore di sé”, Donzelli, Roma 2010. A cura di Stefano Paolucci.

Prima edizione: “The Correspondence of Henry David Thoreau”, a cura di W. Harding e C. Bode, New York University Press, 1958. “Great Short Works of Henry David Thoreau”, a cura di W. Glick, HarperPerennial, New York 1993.

Approfondimento in rete: wiki it / panarchy / thoreau society

Gianfranco Franchi, ottobre 2010.

Prima pubblicazione: Lankelot.

**

SEMPRE A PROPOSITO DI "SE TREMI SULL'ORLO"...

Il nostro tempo reclama paradigmi dimenticati: intellettuali libertari, indipendenti, spirituali, padri d'un pensiero estraneo all'egida turbocapitalista e ultraliberista. E quando tornano in libreria intellettuali capaci di insegnare e predicare la disobbedienza civile, il risveglio delle coscienze e la povertà, intesa non nel senso della miseria ma nel senso della renitenza al lusso, ai privilegi, al consumo superfluo, alla speculazione sul prossimo, allora è festa grande.

Una nuova edizione degli scritti di Thoreau è sempre ben accetta. La pubblicazione dei suoi inediti non è mai una stravaganza. Nemmeno in un caso come questo, in cui ci ritroviamo a sfogliare ventisette lettere inedite, scritte dal filosofo americano al suo primo discepolo, lo sconosciutissimo Harrison Blake. Emerge, in questo saggiotto donzellide curato da Stefano Paolucci, un Thoreau spirituale, adorabile nel suo ragionato e cristiano pauperismo, nel suo limpido rifiuto – già allora! – delle menzogne propagandate dai quotidiani, nel suo culto per l'eternità e nella sua dedizione al presente. Il filosofo di Concord scrive, per tredici anni, lettere a un suo coetaneo, o giù di lì, che non riesce a trovare il sentiero per un risveglio. Thoreau sa esortare all'azione, alla coscienza e alla pietà, e non annoia mai: nemmeno quando, come sempre accade negli epistolari, sembra parlare a una legione di lettori e non più a uno soltanto, oppure quando si rifugia nei riferimenti alle piccole cose della vita di tutti i giorni.

È Harrison Blake il ragazzo che trema sull'orlo del titolo: è lui che ha inteso che senso assoluto esiste soltanto, e semplicemente, nella coscienza dell'esistenza, ma non riesce a essere fedele a quest'illuminazione, e vacilla e sbarella e chiede indicazioni al suo guru. L'edizione è completa d'una notevole introduzione, sempre a cura di Paolucci, e di una postfazione presuntuosa e autoreferenziale: il curatore ha ritenuto opportuno pubblicare la sua letterina amicale al grande filosofo libertario amato per tutta la vita. Umanamente comprensibile, editorialmente – va detto – mostruosamente e incomprensibilmente amatoriale.

Gianfranco Franchi, novembre 2010. Prima pubblicazione: BlowUp.

Ventisette lettere inedite, scritte dal filosofo americano al suo primo discepolo, lo sconosciutissimo Harrison Blake.