Minimum Fax
2008
9788875211738
Ritornare adolescenti. L’adolescenza era: irriverenza, incoscienza, bufera di stati d’animo contrastanti, limpida dedizione all’istinto. Era la capacità di rinnegarsi senza nemmeno accorgersene, l’incoerenza prediletta, l’aggressività radicale e stupida. Era il primo profumo di una pelle altra, e la gioia dello scontro fisico. Era la volontà di affermare un’identità che stavi scoprendo. Era le dinamiche confuse dell’emotività regina.
Se mai esiste un bene assoluto, questo è l’innocenza. L’assenza di intenzioni cattive, la coincidenza del male col gioco. Con la sfida, con l’opposizione a un rivale che proprio non riesce a diventare nemico: nemmeno se nemico lo consideri, nemmeno se nemico lo chiami. Carlo D’Amicis, scrittore italiano classe 1964, non ha perduto la memoria di quel che viveva nel suo spirito ragazzino: ne è derivato il gran romanzo dell’adolescenza, della breve estate dell’incoscienza, sullo sfondo dell’Italia che stava cambiando, nella seconda metà degli anni Settanta.
È un piccolo grande libro, questo “La guerra dei cafoni”, pubblicato da Minimum Fax nella sua collana di narratori italiani, Nichel, nella primavera del 2008. Non tanto per questioni stilistiche – come in passato, D’Amicis conferma il suo talento di cantastorie, la sua capacità di scivolare nel grottesco senza perdere profondità, la musicalità bambina di certe descrizioni – quanto per le corde che va a pizzicare.
La prima è quella dell’identità rimossa, l’identità rimossa di ogni adulto. Quel sé ragazzino, prepotente e stupido, coraggioso e fragile: con tutta la sua dedizione incrollabile al battesimo di ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, l’increscioso dogmatismo che viene abbattuto dall’esperienza, e dall’intelligenza. D’altra parte, “più cresciamo, pensai, più diventiamo piccoli. Insicuri. Pieni di timori” (p. 78).
La seconda è quella della lotta di classe. Estraneo all’ideologia – non ce n’è traccia, questa è opera d’artista – D’Amicis rappresenta la contrapposizione tra i ricchi e i cafoni, i proletari, nell’Italia che stava per scoprire l’avanzata della piccola e media borghesia, la sua progressiva (e pareva inarrestabile) affermazione, riducendo le distanze e attutendo le differenze. Tutte: comportamentali, etiche, economiche.
La terza è quella, a dire il vero meno adolescenziale di quanto vorremmo credere, della differenza tra un amore sbagliato tenuto in piedi dall’abitudine, o dalle aspettative di un ambiente, e un amore stupendo, magari clandestino e rifiutato e poi libero di sprigionare speranza, e gioia.
Il romanzo è ambientato, come spesso accade nelle opere di D’Amicis, in Puglia; io narrante è il giovane Angelo Conteduca, detto Francesco Marinho (da cui: quando Marino, quando Maligno) per via della somiglianza col terzino sinistro del Brasile del 1974. Ricorda quanto accadde a Torrematta nell’estate del 1975, l’anno dell’ultimo atto della guerra giovanile tra i figli dei signori e i figli dei cafoni: quando la contrapposizione cominciava a stemperarsi, tra una sfida a flipper e una rissa, e si intravedevano i primi segnali di dialogo tra le parti in causa. Sono ragazzi che vogliono spaccare tutto, c’è qualcosa nell’aria che spinge in quella direzione. Lui è il signore dei signori, il leader di un gruppo di adolescenti figli della buona borghesia che vedono nei coetanei del posto gente brutta, sporca, disorganizzata e aggressiva. D’altra parte, spiega l’autore, in quel momento era ricchi contro poveri: i democratici, quelli che cercavano una terza via – moderata, e dialettica – erano considerati sovversivi.
Angelo ha una fidanzata, naturalmente la più bella del suo gruppo, Sabrina detta Scopinculo dai cafoni: bella e superficiale, vanesia e scostante, è l’oggetto primo del desiderio dei nemici. C’è chi vorrebbe stuprarla e chi invece ne è innamorato, e in nome di quell’amore è pronto a fronteggiare l’ostilità dei suoi compagni. L’antitesi di Angelo è il re dei cafoni, Scaleno, cicatrice sulla fronte sino al sopracciglio, un dente d’oro e un tatuaggio – all’epoca significava esperienza di patrie galere, o di riformatorio –, linguaggio poco più che borborigmico e uno slang fondato sulla volgarità più o meno gratuita.
Angelo pensa che quell’estate rimarcherà definitivamente le distanze tra lui e i cafoni; ma non ha fatto i conti con il destino. Il destino è, cercando il casus belli, scambiare una di loro per uno di loro. E rovesciarle addosso acqua e meduse, senza rendersi conto che sia una donna. Il destino è scoprire che lei è Mela, “assurdità di femmina” di cui si innamorerà, sorella di uno dei nemici, figlia di un padre operaio che sta morendo di un brutto male.
Come spesso accade nei romanzi di D’Amicis, la parola “artiglio” è la spia lessicale di un amore per il personaggio (cfr. “Il ferroviere il golden gol” e “Escluso il cane”): “Artigli non erano – parla delle sue dita – Eppure graffiavano, ferivano, quasi laceravano, al punto che serviva tutto lo stoicismo dell’indomito Marinho (…)” (p. 111); “Mela è un agnellino, sì, ma con gli artigli” (p. 145). Questo agnellino con gli artigli accompagnerà il Maligno alla comprensione e all’amore di un’alterità che semplicemente, cieco, rifiutava: lei, diversa, è “assolutamente uguale” al grande capo dei signori.
Preparatevi a battaglie campali, sguardi in tralice, risse, incidenti, scappatelle e cinema all’aperto. Preparatevi a sentire il sole che picchia in testa, mentre ve ne andate per gli scogli, camminando cauti per non farvi male. Preparatevi a sentire l’odore delle case dei cafoni, e quello della terra, e del mare.
Preparatevi a sentire l’odore del sangue, e il profumo di lei che più di tutti amavate. Preparatevi a una grande esperienza estetica ed esistenziale: romantica e stupida, ingenua e folle, come a volte sa essere l’amore.
EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE
Carlo D’Amicis (1964), giornalista e scrittore italiano. Ha esordito pubblicando “Piccolo Venerdì” (Transeuropa, 1996).
Carlo D’Amicis, “La guerra dei cafoni”, Minimum Fax, Roma, 2008.
Gianfranco Franchi, maggio 2008.
Prima pubblicazione: Lankelot.
Ritornare adolescenti. L’adolescenza era: irriverenza, incoscienza, bufera di stati d’animo contrastanti, limpida dedizione all’istinto…