Il mestiere del traduttore editoriale: a metà tra consulente, talent scout e (ri)scrittore. Incontriamo un giovane e già apprezzato professionista, il romano Giuseppe Marano, classe 1975, per scoprire metodi, strategie, soddisfazioni e sacrifici richiesti dalla professione. Laureato in Scienze della Comunicazione con una tesi sulle Culture di rete in Europa, Marano negli anni ha coordinato riviste, webzine e pubblicato saggi (è appena uscita per i tipi di ShaKe la ristampa riveduta e aggiornata di Net.art. L’arte della connessione, scritto a quattro mani con Marco Deseriis). Si occupa inoltre di culture giovanili, musica, new media, comunicazione e attualità, con collaborazioni redazionali e consulenze editoriali. Traduttore dall’inglese, dal 2003 effettua traduzioni per l’editoria occupandosi soprattutto di narrativa contemporanea e saggistica musicale. Ha tradotto per Fazi, Lain, Arcana, Playground, Luca Sossella, Socrates e Contrasto.
Partiamo dall’assegnazione di una traduzione. Quali sono i lavori preliminari? Cerchi di leggere quante più opere possibile dell’autore, per interiorizzarne lessico e stile, sondi colleghi che hanno già tradotto suoi libri, studi le sue interviste per capirne spirito e stile? Qual è, di solito, la prima preoccupazione?
Ovviamente dipende da cosa si sta traducendo. Nel caso specifico della narrativa, se l’autore è già stato tradotto credo sia assolutamente fondamentale esaminare a fondo, testo a fronte, le scelte stilistiche dei traduttori precedenti e partire da quelle per discostarsene o ricalcarle. In alcuni casi questo può influenzare molto la resa e l’approccio al testo, rendendolo più o meno mimetico. È un esercizio utile, e contribuisce a quel continuo lavoro di lima che ogni traduttore dovrebbe compiere su se stesso. Se l’autore è inedito invece la responsabilità aumenta, ma c’è sicuramente maggior libertà di entrare nel testo senza preoccuparsi delle eredità stilistiche di altri, concentrandosi esclusivamente sul testo e sulla scrittura. In fase di lavoro preliminare, generalmente, tendo ad annotare tutte le particolarità che incontro durante la lettura: modi di dire ricorrenti, scelte lessicali, riferimenti extratestuali e quant’altro. Spesso, ma questo già in fase di traduzione, compilo anche dei piccoli glossari personalizzati che possono tornare sempre utili, anche in futuro. La prima preoccupazione, in ogni caso, resta quella di inquadrare bene lo stile dell’autore e capire come renderlo nel modo più efficace senza appiattirlo o infiorettarlo. Il rischio grosso è sempre quello di metterci troppo del tuo (narcisismo del traduttore?), oppure di scegliere un registro completamente diverso: non dico sbagliato, ma con un altro retrogusto.
Quanto è importante, per un traduttore, sapere essere scout e conoscere le collane delle case editrici? È vero che in un certo senso siete prima consulenti editoriali e quindi traduttori? Ti capita di proporre direttamente schede delle opere agli editori coi quali collabori? Quanto è importante, in questo senso, un reciproco rapporto di fiducia e rispetto? Raccontaci.
Per quanto mi riguarda, ho iniziato questo mestiere presentando proposte di traduzione e tuttora continuo a farlo, compatibilmente con il tempo che riesco a dedicare alla lettura. Come dici anche tu, però, è fondamentale avere un’idea chiara delle collane o delle case editrici a cui si propongono testi. E aiuta moltissimo anche conoscere le persone giuste all’interno della casa editrice, dall’editor ai redattori, fino all’art director. È inutile nasconderselo: l’aggancio serve sempre, soprattutto in un ambiente dove contano molto le relazioni personali e i rapporti di fiducia.
C’è, ci dev’essere un momento, durante la traduzione di ogni opera, nel corso del quale ti rendi conto di esserti perfettamente allineato allo spirito del testo. E che non manca molto alla fine, procedendo con quel passo. Cosa provi quando ti accorgi che il lavoro andrà bene, e che non avrà imperfezioni? Com’è la consapevolezza di essere stato fondamentale per la circolazione di un libro?
Bella domanda, per me che non sono mai soddisfatto al cento per cento! Però è vero: c’è un momento in cui la resa sembra perfetta e credi di aver trovato la chiave di volta. Poi basta girare pagina e le sicurezze non sono più così salde… In ogni caso, spesso l’immersione totale nel testo – un’esperienza che a volte diventa quasi lisergica – non aiuta ad affrontarlo con il giusto distacco. Mi capita sistematicamente di rileggere le bozze a distanza di due-tre settimane dalla fine del lavoro e trovare soluzioni immediate a passaggi che non mi convincevano e su cui magari avevo speso giorni di passione! Va anche detto che in tutto questo il contributo di editor e redattori è importantissimo: in fondo la traduzione in un certo senso è sempre un lavoro di squadra, anche quando il traduttore è un virtuoso della parola! Il momento della revisione è fondamentale, anche per il traduttore. Io ho avuto la fortuna di lavorare sempre con editor e redattori di grandissima preparazione, in Fazi come in Arcana o in Playground. Rovinerò l’immagine romantica del traduttore solitario, ma ho imparato tantissimo confrontandomi con loro.
Giuseppe, qual è stato il tuo rapporto con gli artisti tradotti? Quali sono state le principali difficoltà e quali i punti d’incontro con loro? Hai notato dei fattori costanti, nel dialogo con gli autori, nel bene e nel male? Chi è l’autore col quale hai lavorato meglio? È il momento degli aneddoti. Anche.
Ti dirò, a livello personale non ho mai avuto rapporti particolarmente diretti con gli autori, se non per chiedere delucidazioni su passaggi criptici o incongruenze varie. Più di una volta – soprattutto nella saggistica – mi è capitato di scovare veri e propri errori (citazioni, riferimenti, ecc.), e per questo sono stato anche ringraziato. L’autore più gentile e disponibile è stato sicuramente è Tash Aw, esordiente anglo-malese di rara cortesia. Anche Ewan Morrison, l’autore di Scambisti, è stato molto simpatico: ci siamo scambiati un paio di e-mail sui personaggi di Star Trek e sui rispettivi gusti letterari…
Nessuno parla del blocco del traduttore. Eppure sono convinto che esista, e che capiti almeno una volta a tutti. Cosa succede quando ti rendi conto che una traduzione è totalmente distante dalle tue corde?
Esiste eccome! A me è capitato l’anno scorso, ma non tanto perché la traduzione fosse distante dalle mie corde, quanto per eccesso di perfezionismo al limite del maniacale. Quando succede, la cosa migliore sarebbe staccare completamente per un periodo e poi ripartire a mente fredda. Ma i tempi editoriali raramente lo consentono… In questo caso, come accennavo prima, è fondamentale il rapporto di fiducia con gli editor.
Adesso parliamo della tua Letteratura. Ti domando quali siano, e perché, i dieci libri che ti hanno cambiato la vita e i cinque che regaleresti sempre.
Più che una top ten, ci vorrebbe una mappa letteraria sul modello di Gnooks. Comunque, in ordine sparso, direi: l’opera omnia di William Burroughs, Le tre stimmate di Palmer Eldritch di Philip Dick, 1984 di Orwell, Rumore bianco di DeLillo, L’arcobaleno della gravità di Pynchon, la trilogia della Crocifissione rosea di Henry Miller, Moby Dick, tutto Palahniuk, Storie di ordinaria follia di Bukowski, Neuromante di William Gibson, Fear and Loathing in Las Vegas di Hunter Thompson; American Psycho di Brett Easton Ellis, American Tabloid di Ellroy, Jukebox all’idrogeno di Allen Ginsberg e dulcis in fundo un piccolo amarcord: I misteri della giungla nera di Emilio Salgari!
Hai tradotto romanzi e saggi musicali: ci racconti quelli ai quali sei rimasto più legato, spiegandoci perché trovi importante che vengano letti e a quale lettore ideale si rivolgono?
Per la narrativa direi La svolta di Tim Winton, perché era un autore di peso, un nome importante con sei opere già pubblicate in Italia, e la responsabilità che avevo davanti era piuttosto grossa. Pare che il risultato sia stato apprezzato… è un romanzo a episodi ambientato in Australia, spalmato su un arco temporale di trent’anni, e racconta le parabole di vita di vari personaggi che gravitano attorno a una piccola città di mare. Sarà anche per questo che l’ho sentito molto “vicino”… E comunque Winton è un grande scrittore. E per la saggistica sicuramente Johnny Rotten, l’autobiografia della mente dei Sex Pistols… perché è un mito e sfata una serie infinita di luoghi comuni sul punk, con una cattiveria e un sarcasmo indescrivibili. Un pezzo di storia del Novecento, senza fare prigionieri!
Hai un modello, come traduttore? Vuoi nominare quelli che senti i maestri nel tuo mestiere, raccontandoci perché e segnalandoci i loro migliori lavori?
Beh, sicuramente stimo molto Tullio Dobner, Mario Biondi, Martina Testa e Matteo Colombo. Soprattutto la traduzione di Irvine Welsh fatta da Biondi è straordinaria. Ma anche gli altri non scherzano!
Qualche anticipazione sulle prossime traduzioni: cosa stai preparando, e quando sarà in libreria? Vai. Anteprime!
Ho appena finito Serial killer. Storia, sangue, leggenda per Arcana, in libreria da maggio, e sto cominciando un testo-monstre a cui tengo molto (visto che l’ho proposto e caldeggiato!), sempre per Arcana: ti posso solo dire che è la biografia ufficiale di una band leggendaria…e ad alto voltaggio! E chi ha orecchie per intendere…
Quanto è ingiusto leggere recensioni o interviste di un libro che hai tradotto e non trovarti nominato. Succede spesso? Perché la stampa e i lettori sembrano, in troppi casi, così indifferenti nei confronti dei traduttori? È una questione di insensibilità, di ignoranza o di inadeguatezza?
È profondamente ingiusto, ma purtroppo pare che sia la norma. Probabilmente è più una questione di distrazione che di ignoranza, ma dipende solo da stampa e lettori?Alcuni editori hanno cominciato a mettere in copertina o in quarta anche il nome del traduttore: è un riconoscimento importante, così come le generiche dichiarazioni dei diritti del traduttore. Ma a parte gli aspetti “creativi”, andrebbe aperto anche un dibattito serio sulla figura del traduttore come lavoratore immateriale e sulla precarietà totale in cui si trova spesso ad operare, così come tanti altri precari dell’editoria. Parafrasando l’immenso Scozzari: “Prima pagare, poi ricordare!”.
INDICE delle TRADUZIONI di GIUSEPPE MARANO
Harold Schechter, David Everitt, Serial Killer. Storia, sangue, leggenda, Arcana Edizioni, Roma, 2008; Ewan Morrison, Scambisti, Fazi Editore, Roma, 2008; Jessica Dimmock, Il nono piano, Contrasto Due, Roma 2007; John Lydon, Johnny Rotten. L’autobiografia, Arcana Edizioni, Roma 2007; Tim Winton, La svolta, Fazi Editore, Roma 2007; Carol Clerk, Madonna Style, Arcana Libri, Roma 2006; Tash Aw, La vera storia di Johnny Lim, Fazi Editore 2006, Roma; CrimethInc., Ricette per il caos. Manuale di resistenza urbana, Arcana Libri, Roma 2006; Jeff Apter, Fornication. La storia dei Red Hot Chili Peppers, Arcana Libri, Roma 2005; Dennis Cooper, Tutt’orecchi, Playground Libri, Roma 2004; Joel McIver, Justice for all. La verità sui Metallica, Arcana Libri, Roma 2004; David Hajdu, Positively 4th Street, Arcana Libri, Roma 2004; Roland Robertson, Kathleen White, “La glocalizzazione rivisitata ed espansa”, in Glocal. Sul presente a venire, a cura di Franciscu Sedda, Luca Sossella Editore, Roma 2004; Robert Sabbag, Cortina di fumo. Biografia semiseria di un trafficante di marijuana Edizioni Socrates, Roma 2003; Anthony Scaduto, Bob Dylan. La mitica biografia, Arcana Libri, Roma 2003; Jon Ronson, Loro. I padroni segreti del mondo, Fazi Editore, Roma 2003; Ivan Brunetti, Schizo, Topolin Edizioni, Milano 1999; AA.VV., La Chiesa del SubGenius, Prog Edizioni, La Spezia 1998. Ha inoltre tradotto articoli, racconti, interviste, saggi brevi e fumetti di autori come: Peter Bagge, William Burroughs, Paul Chadwick, Daniel Clowes, Robert Crumb, Dennis Eichhorn, Neil Gaiman, Stewart Home, Alan Moore, Grant Morrison, Scott Musgrove, Francine Prose, Roy Tompkins, Robert Anton Wilson.
Gianfranco Franchi, maggio 2008
Prima pubblicazione: Lankelot.