La passione di Giovanna d’Arco o della Vergine Invitta

La passione di Giovanna d'Arco o della Vergine Invitta Book Cover La passione di Giovanna d'Arco o della Vergine Invitta
Andrea Foschini
Libreria Croce
2008
9788889337967

Incontriamo il giovane Andrea Foschini, autore di “La passione di Giovanna d'Arco o della Vergine invitta” (Croce, 2008), interpretazione atipica della vicenda esistenziale d'una figura storica che, nella trasfigurazione autoriale, si fa mito.

GF: Foschini, qual è stata la genesi dell'opera? Cosa significa pubblicare, oggi, una nuova lettura dell'esistenza di Giovanna d'Arco? A quali vuoti o a quali esigenze ha voluto andare incontro?

AF: La figura di Giovanna D'Arco possiede una violenta carica conturbante e apocalittica: l'irriducibilità della sua figura e il mito che la riveste la illuminano di una potenza carnale e spirituale attualissima, perché è attuale tutto ciò che emoziona, attuale è Ovidio più di Virgilio, Omero più di Dante, Marlowe più di Shakespeare, in narrativa Cervantes più di Joyce, è attuale tutto ciò che preme il cuore e la mente e porta a leggere o scrivere. Parlare di vuoti da riempire implica già nella domanda un'inclinazione storicistica, implica cioè l'idea che la realtà storica di Giovanna D'Arco abbia per me un significato. Ciò è falso, personalmente considero la Storia peggiore della bomba atomica o del cancro, non perché non ami il passato, ma proprio per il contrario, perché non credo che il passato rappresenti una verità assoluta su cui fondare la realtà. La coscienza storica, la coscienza civile è servile, schiava di un'immagine e di un'ideologia che è l'esatto contrario dell'introspezione. Perché l'introspezione comporta quell'annientamento, quell'altrove dalla “scena del mondo”, che prende a calci qualunque adattamento all'interno di esso: dunque, la coscienza in quanto depositaria di valori. Non che io non abbia valori, ma questi valori restano fuori dall'estetica. Perché l'arte è cavare da sé un'immagine del mondo che per me non può essere riassunta in termini civili o edificanti ma che è mito, e in quanto mito, oscuro. Giovanna è un mito, e la mia Giovanna è il mio mito, ciò ha importanza.

GF: Nella recensione al suo libro, Melania Lanari scrive: “La visione mistica di Andrea Foschini esalta Giovanna, rendendole giustizia. Quella giustizia che le fu malvagiamente negata da uomini dediti al male e guidati dal male (...)”. Si riconosce in questo passo? Ritiene di aver scritto una “visione mistica” destinata a rendere giustizia alla sua eroina?

AF: Ritengo di aver scritto una visione mistica destinata a rendere giustizia a me stesso, in primo luogo, tramite il mito di Giovanna fatto mio contro la Storia. In quanto al passo citato mi sembra trionfi un certo moralismo manicheo: non direi che gli uomini sono o furono guidati dal male, credo che gli uomini siano spesso ciechi di fronte all'innocenza, alla passionalità, alla vita, non si accorgono di quel che succede loro interno, presi da qualcosa che di fatto non capiscono; e che non ha a che fare con la realtà, ad esempio, come accade con la Storia. Questo non significa che siano malvagi: significa, per dirla con Rimbaud, che non attingono al loro principio di felicità e ciò è pericoloso e deprimente. Poi... esistono anche i malvagi, ma questi spesso sono più divertenti.

GF: Quali sono i modelli della sua scrittura? Quali i letterati italiani contemporanei che sente più vicini alla sua idea di letteratura?

AF: Io possiedo una poetica, non un'idea della Letteratura: quella la lascio ai critici. Gli autori italiani contemporanei che sento vicini alla mia poetica fatico a trovarli. Amo più di tutti Dino Campana, soprattutto per la violenta ascensione metafisica del suo lirismo. Credo di avere più cose in comune con lui, pur essendo questi un lirico puro, che con tutti i narratori italiani del Novecento, Amo comunque moltissimo Antonio Pizzuto e Carlo Emilio Gadda e tanti altri, che non sento vicini alla mia poetica. Tra i francesi non posso non citare Artaud: soprattutto l'“Eliogabalo” rappresenta un modello per il mio lavoro dopo “Giovanna D'Arco”. Tra gli scrittori è una donna vicina più di chiunque altro: Anais Nin, che raggiunge vette liriche sconvolgenti nei suoi romanzi non-erotici, i migliori e meno letti. Gli autori che ho amato, in primis, sono stati Joyce e Beckett, il mio amore a vent'anni, ma me ne sono distanziato, nonostante Beckett rimanga lo scrittore a cui sono affettivamente più legato, il più grande del Novecento. Per finire: Thomas Bernhard.

GF: Questione editoriale. È felice della pubblicazione con Croce? Ritiene fosse l'editore ideale per un libro del genere? Perché?

AF: Fabio Croce è stato l'unico editore disposto a pubblicare il mio libro dopo cinque tentativi falliti con altri editori.

GF: Infine: le domando quali sono i suoi sogni e le sue ambizioni in questo momento della sua attività letteraria. Assieme, la invito a raccontarci qualche anteprima sui nuovi progetti (o sul nuovo progetto).

AF: Ho quasi pronti altri tre romanzi e uno a cui sto lavorando, sempre sulla falsariga storica. Il primo, tra le mani cicciose di Veneziani, amico autentico, sempre disposto pazientemente ad aiutarmi come editor, è un libro su Caligola: un testo che stravolge il celebre dramma di Albert Camus. Questo, più che mai attraversato da una corrente lirica e visionaria palpabile (almeno a me: continuamente), è un romanzo scritto febbrilmente, in uno stato di reale esaltazione. Poi, sempre in ambito Romano, un libro su Nerone, più virtuosistico e meno delirante, composto in quattro mesi e rivisto tre mesi dopo. Questi saranno libri più influenzati da quel testo, unico forse più nel suo malessere che nella sua importanza storico-letteraria, che è l'“Eliogabalo” di Artaud. Vicini ma molto meno esoterici. Il terzo è un libro che mi lascia più perplesso, un romanzo-poema su Giordano Bruno. Il lavoro in progress, infine, è un poema in prosa su Antonio e Cleopatra.

EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE

Andrea Foschini, scrittore italiano.

Andrea Foschini, “La passione di Giovanna d'Arco o della Vergine invitta”, Croce, Roma 2008. 

Gianfranco Franchi, febbraio 2009.

Prima pubblicazione: Lankelot.