Avagliano
2009
9788883092800
Quando si dice il fascino delle opere dimenticate: tutti conoscono l'opera di Puccini, nessuno più ricorda che il musicista italiano si ispirò a questo libro per dare vita al soggetto di “Madama Butterfly”. Racconta Riccardo Reim, nella prefazione a questa piccola, intelligente edizione Avagliano, che John Luther Long, trentasettenne, era “un giovane scrittore con un passato abbastanza onorevole e un avvenire decisamente promettente: sapeva dosare con una certa abilità gli elementi patetici e sentimentali, architettava con buona perizia delicate trame non prive di piccoli colpi di scena, si dimostrava piuttosto abile nel creare atmosfere affascinanti senza calcare troppo la mano” (p. 9). Questa sua novella, oggi decisamente dimenticata, vive per i contemporanei soltanto grazie alla musica di Puccini. Long, mai stato in Giappone, trasse ispirazione per la sua storia dai racconti della sorella, moglie di un missionario metodista, alle spalle diversi anni di vita a Nagasaki al fianco del marito. Oggi torniamo a leggere un racconto entrato nella storia smarrendo per strada la paternità autoriale. Oggi rimediamo a una piccola ingiustizia, a dispetto dello stile non proprio miracoloso di John Luther Long e della semplicità e della tenuità di questo melodramma.
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Al tenente Benjamin Franklin Pinkerton è stato assegnato un periodo di servizio nelle acque giapponesi; durante la traversata del Pacifico, si lamenta di quello che sente come un nuovo esilio. Il collega Sayre cerca di tirargli su il morale, cantando la bellezza delle donne orientali, ricordando quanto accadde ad altri compatrioti, sedotti e soggiogati dal fascino delle giapponesi, dalla loro eleganza e dalla loro classe.
Pinkerton sembra scettico, tuttavia poco dopo lo sbarco si ritrova sposato e accasato. Sua moglie è la dolce, deliziosa Cho-Cho-San. A lui piace chiamarla Madama Butterfly. Pinkerton ha firmato un affitto di 99 anni, rescindibile alla fine d'ogni mese a una sola condizione: smettere di versare la quota. Questo la sua sposa non lo sa. Si fida ciecamente di tutto quel che lui s'inventa e le racconta; soprattutto, si fida di chi le aveva detto che il matrimonio, per un americano, era sacro e inscindibile. Lei è davvero di una ingenuità commovente.
Butterfly vorrebbe poter vedere i suoi genitori, almeno ogni tanto: Pinkerton si oppone, senza capire che nella cultura nipponica “gli antenati, vivi e morti, rappresentano l'unico legame con la vita eterna, nella quale lei nutriva una piena fede” (p. 26). La famiglia di lei dimostra, con compostezza tutta giapponese, il suo dissenso per questa scelta. A nulla valgono le mediazioni del tenente: Cho-Cho-San viene ripudiata. Rimane sola a crescere il loro bambino, in attesa del ritorno di Pinkerton, tornato nel frattempo in patria. Con lei una cameriera gentile, leale e semplice, Suzuki. Presto il denaro s'assottiglia, e aumentano le difficoltà; ma Madama Butterfly non può tornare dai parenti per chiedere sostegno. Per loro è una traditrice, indegna di amicizia e affetto. E così, ogni giorno sogna l'amato, sogna di rivederlo al suo fianco, fantastica di dargli altri bambini. È tutta sentimento e poesia.
Spunta un pretendente. Yamadori, principe giapponese, moderno e ricco; alle spalle soltanto – si fa per dire – due matrimoni. Cho-Cho-San, bellissima, resiste ai suoi doni e al suo corteggiamento, rispettoso e distante come da tradizione locale, ma non estraneo a favolose promesse di serenità e benessere. Passa molto tempo. Quando torna la nave americana, Pinkerton a bordo, lei rimane ad aspettarlo in casa: nell'Antico Libro delle Nobili Dame aveva letto che l'unica donna che va alla ricerca di un uomo è la yuio, la prostituta. Non sta bene. Dopo otto giorni, riesce a intravederlo, su un bastimento: al suo fianco c'è una donna. L'unico messaggio spedito alla sua un tempo amata giapponesina è un augurio – quello d'essere sempre felice, come lo è lui. Lo psicodramma della tenera e fedele Cho-Cho-San, tradita dall'adorato Pinkerton, s'inabissa poco dopo, quando scopre che la nuova compagna di suo marito vuole adottare il suo bambino, e s'accorge che per loro è come una bambola. Non rimane che morire con dignità, per salvare l'onore. Almeno il piccolo non cadrà nelle mani della malvagia donna bionda che le ha rubato Pinkerton: Suzuki saprà portarlo via con sé.
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Una favola sentimentale triste, intensa, dolcissima. Bello poter tornare a sfogliarla. Peccato per l'adattamento del nippo-inglese della tenera Butterfly, è decisamente grottesco – forse serviva calibrarlo e rappresentarlo diversamente, evitando tutti quei suoni gutturali, vagamente scimmieschi. Bastava poco. Il resto è davvero ben restituito, con leggerezza e malizia. In pieno stile Riccardo Reim.
EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE
John Luther Long (Hanover, Pennsylvania 1861 – Philadelphia, 1927), avvocato e scrittore statunitense.
John Luther Long, “Madam Butterfly”, Avagliano, Roma 2009. Traduzione e curatela di Riccardo Reim. Collana “La Straniera”, 1.
Prima edizione: “Madam Butterfly”, Century Magazine, NY 1898.
Gianfranco Franchi, maggio 2010.
Prima pubblicazione: Lankelot.