Mondadori
2016
9788804670834
Il libro eterno di Heinrich Böll è questo romanzo: che si propone come satira d’una Germania dalla memoria corta e dalla singolare predisposizione ai compromessi e all’ipocrisia, e si rivela canto dell’atipicità e della malinconia d’un’individualità che ha abiurato l’incoerenza e rinnegato dogmi e crismi della nuova borghesia, e che per questa ragione s’appresta a relegarsi ai margini della società. Un grande amore vissuto e poi tradito; e vagheggiato con tutta l’anima, rimpianto e adorato; una radice famigliare avvelenata e intorpidita dal fariseismo della madre e dalla complice indifferenza del padre, e allora devitalizzata e ridicolizzata ed espunta; una Weltanschauung lucida e disperata e nitida, e dunque destinata all’inattualità e alla dannazione.
Hans Schnier è il protagonista e il narratore. È un clown di talento, famoso per la pantomima dell’arrivo e della partenza; è un vagabondo che per cinque anni ha vissuto tra una città e l’altra della sua nazione, negandosi i privilegi derivanti dall’estrazione alto-borghese, sublimando ogni sfortuna e ogni difficoltà con un amore che credeva immortale. Fin quando Maria se ne è andata – preferendo l’ordine borghese e cattolico allo splendido disordine della bohème, e abiurando il sogno – e allora Hans ha deciso di tornare nella natia Bonn, per capire le ragioni della sua scelta, e per osservare la realtà che aveva negato.
Maria era la compagna che il destino sembrava aver decretato fosse sua in eterno; tutto aveva avuto inizio da un improvviso ed empatico incontro, e da una fuga per evitare le noie delle maldicenze e delle infamie cattoliche e borghesi; e pareva davvero essere perfetto. Fin quando lei non aveva ceduto al richiamo delle norme e delle consuetudini della rispettabilità sociale; e s’era consegnata nelle mani d’un antico pretendente che aveva fatto dei dogmi della nuova Germania una imprescindibile ragione di vita.
Hans è un ventottenne che sente, paradossalmente, avvicinarsi l’età del drastico bivio professionale d’un clown: quei cinquanta anni che significano lastrico, o trionfo. Soffre di malinconia, mal di testa e indolenza; odia le scarpe, e ama leggere i giornali. La malinconia s’è aggravata, dal giorno dell’addio di Marie; e predomina e pretende un tributo. Quel tributo è la dipendenza dagli alcolici; e il demone non s’accontenta d’un’episodica offerta, esige continuità e coerenza, spietato.
Hans è stato educato in una scuola cattolica, nonostante fosse figlio di protestanti; ma sembra nutrire diffidenza per gli uni e per gli altri, giocando a interpretarne e rappresentarne vezzi e limiti. Ha un mistico talento naturale: la percezione degli odori via telefono. Ha una caratteristica immutabile: è monogamo. Se Maria si consegna agli untuosi e viscidi artigli del sistema, Hans non può che tentare disperatamente di riconquistarla; perché lei sola è il senso e la ragione della sua esistenza, non l’arte e non la critica del sistema; perché lei sola giustifica e sublima il male, e le contraddizioni; perché lei sola sente, e lei sola può capire.
Miracolo economico della Germania Ovest, figlia dell’America e dell’oblio: facile a negare quel che era stata, ad abiurare la sua fede nell’orrore nazista, a dimenticare il suo assassino ideale e il suo barbaro razzismo; complice del recupero non etico, ma contestuale della logica e del buonsenso è un cattolicesimo rampante e grottesco, medievaleggiante e cieco alla contemporaneità, più lobbystico e clientelare nella sua incarnazione nella quotidianità che spirituale e illuminato.
La parabola di Hans avrà termine sui gradini della stazione di Bonn, a mendicare; pleonastico e allucinante ogni tentativo di contatto con la realtà, ogni richiesta di sostegno e comprensione ai parenti stretti e agli antichi amici; il sistema decreta la sua estraniazione, la stampa ridicolizza i suoi spettacoli e il suo ambiente famigliare ostacola o fraintende il momento che sta vivendo. Niente comprensione per chi vede, sente e critica il sistema: emarginazione e rifiuto, soltanto.
Storia dunque d’un clown che s’ubriaca, in crisi esistenziale e professionale, e racconta e sintetizza i giorni e le ragioni della sua decadenza, e della sofferenza. Parla del suo passato sentimentale, del passato della sua famiglia e della sua nazione; dei giorni terribili e strazianti del regime nazista, e dell’adesione e della partecipazione al suo orrore d’ogni tedesco; dell’isolamento e dell’abbandono in cui versava la minoranza degli oppositori (tra i quali, non sorprende, riconosciamo il padre di Maria), e della strepitosa facilità che ognuno ostenta a dimenticare ciò che è stato, e a trascurare ciò che poteva divenire senza tradirsi. Il clown non tradisce e non si tradisce; piuttosto, s’annienta.
Heinrich Böll ricorda che nessuno al mondo capisce un clown, e che neppure un clown, forse, comprende l’altro (p. 93); la tentazione d’affermare, invece, che grazie a questo libro tutto sia più chiaro, è irresistibile. La malinconia e la grandezza, l’isolamento e l’incomprensione, la solitudine e il sogno; e l’ambizione d’esser felice, quando tutto precipita e decade, e nient’altro che l’odore di denaro e plastica domina una realtà corrotta e infame. Su tutto sovrasta amore; scintillando d’una luce accecante nelle memorie d’un clown, e crepitando d’una torva e fosca ombra nella coscienza della sua finitezza; inattesa, e scarnificante.
Un libro di denuncia sociale e un diario esistenziale d’una bellezza impeccabile; destinato a cristallizzarsi nello spirito del lettore, e là a germogliare, nel tempo.
Maestro d’orgoglio della diversità e di coerenza nel sentimento, Hans Schnier è una maschera che si riflette, spietata e splendida, nel nostro tempo; e ripete, con un sorriso triste e meraviglioso, che in fondo non è cambiato niente. Soltanto nazioni, nomi, e banconote; non spirito, né dannazione. Il segreto rivelato è che a volte il lastrico è il trionfo. Indiscutibile.
EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE
Heinrich Böll, (Colonia, 1917 – Bornheim Merten, 1975), romanziere, saggista e traduttore tedesco, Premio Nobel per la Letteratura nel 1972. Esordì nel 1949 pubblicando il racconto lungo “Il treno era in orario”.
Heinrich Böll, “Opinioni di un clown”, Mondadori, Milano 1965. Traduzione di Amina Pandolfi.
Prima edizione: “Ansichten eines Clowns”, Kiepenheuer & Witsch, Köln-Berlin, 1963.
Gianfranco Franchi, agosto 2004.
Prima pubblicazione: Lankelot.